Elena Salzano
Il linguaggio utilizzato nei media dovrebbe sempre riflettere l'importanza del ruolo informativo ed educativo che i giornalisti ricoprono nella società. La qualità di un’informazione non si misura solo in base alla veridicità delle notizie riportate, ma anche in base al rispetto e alla sensibilità con cui queste vengono comunicate. Un invito alla coerenza e alla consapevolezza, per giornalisti, lettori e investitori.
Le parole contano, e a volte pesano come macigni.
Ogni termine, ogni frase scelta per un titolo o un articolo giornalistico contribuisce a costruire, non solo l'opinione pubblica, ma anche il tessuto culturale e valoriale della nostra società.
In un'epoca di comunicazione immediata e iperconnessa, il giornalismo porta sulle proprie spalle una responsabilità ancora maggiore: scegliere parole che rispettino la dignità di ogni persona e di ogni storia, senza cedere alla tentazione di un sensazionalismo facile o, peggio, di espressioni che offendono e degradano.
Di recente, una testata locale ha optato per un titolo che definire deplorevole è dire poco.
Quando ho espresso il mio disappunto al Direttore, la risposta è stata: “Leggiti un altro giornale, noi non siamo politicamente corretti.” Ma questa giustificazione nasconde un problema più profondo: non è una questione di “politicamente corretto”, ma di etica professionale, di rispetto per chi legge e, più in generale, di rispetto per il ruolo che il giornalismo dovrebbe ricoprire nella società.
Il linguaggio utilizzato nei media dovrebbe sempre riflettere l'importanza del ruolo informativo e, se vogliamo, anche educativo che i giornalisti ricoprono nella società.
La qualità di un’informazione non si misura solo in base alla veridicità delle notizie riportate, ma anche in base al rispetto e alla sensibilità con cui queste vengono comunicate. Il giornalismo ha una tradizione e un codice deontologico che invitano a scegliere le parole con cura, affinché l’informazione non diventi mai veicolo di discriminazione o derisione.
Un linguaggio scorretto o offensivo rafforza stereotipi dannosi, ferisce la sensibilità delle persone e contribuisce a un clima di svalorizzazione, soprattutto nei confronti delle donne.
Scegliere parole che sminuiscono, che trasformano in oggetto, non solo è antitetico rispetto al ruolo del giornalismo, ma è anche un modo di contribuire alla perpetuazione di visioni del mondo arcaiche e ingiuste. Quando invece il linguaggio è preciso, rispettoso e inclusivo, il giornalismo diventa uno strumento potente di coesione sociale, un ponte che facilita la comprensione e promuove il rispetto reciproco.
A questo punto, una riflessione concreta è necessaria: come lettori, abbiamo un potere spesso sottovalutato, quello di scegliere dove investire il nostro tempo e la nostra attenzione. Possiamo e dobbiamo scegliere di leggere quelle testate che promuovono un giornalismo che rispetta l’etica, la dignità delle persone e i principi della correttezza. Ogni giorno, con le nostre scelte, sosteniamo o meno un certo tipo di giornalismo: quello che utilizza un linguaggio inclusivo e rispettoso, che si sforza di raccontare i fatti senza scadere in termini denigratori o provocatori di basso livello.
Anche per gli inserzionisti, la posizione non dovrebbe essere diversa. In un mondo dove le aziende sono sempre più attente alla responsabilità sociale e all’immagine che trasmettono, ha senso continuare a investire su testate che scelgono linguaggi e toni inappropriati? La reputazione di un marchio si costruisce anche attraverso le piattaforme che sceglie per promuovere i propri prodotti o servizi. Investire in una testata che non condivide valori di rispetto, inclusività e professionalità rischia di riflettersi negativamente sull’azienda stessa, allontanando proprio quei consumatori che oggi sono sempre più attenti all’etica e ai valori dei brand.
Questa è una proposta immediatamente applicabile. I lettori possono sostenere solo quei giornali e quelle testate che non cedono a linguaggi offensivi o a titoli sensazionalistici. E gli inserzionisti possono decidere di investire il proprio budget pubblicitario su media che riflettono il tipo di mondo in cui desiderano operare.
È un invito alla coerenza e alla consapevolezza, sia per i consumatori di notizie che per chi investe nella pubblicità.
E poi un invito all’Ordine dei Giornalisti a prendere una posizione chiara su questo tema, promuovendo un impegno rinnovato verso un linguaggio professionale e rispettoso in ogni contesto giornalistico. La scelta delle parole non è mai neutrale: esse raccontano una visione del mondo, trasmettono valori e formano la percezione della realtà. Un giornalismo che sceglie di utilizzare un linguaggio rispettoso contribuisce a costruire una società più inclusiva e più giusta.
Facciamo in modo che il giornalismo continui a essere un baluardo di informazione corretta e dignitosa, capace di educare, ispirare e unire. L’informazione ha il potere di costruire o distruggere. Scegliamo, ogni giorno, di costruire.