Mandato di Melbourne: in italiano il documento sul futuro delle Rp
22/03/2013
“Il compito delle Relazioni pubbliche è quello di costruire e mantenere relazioni forti tra un’organizzazione e i suoi pubblici, e, così facendo, dare un contributo cruciale alla società”. Si apre così il Mandato di Melbourne, il documento sul futuro delle Rp approvato nel corso dell’ultimo World PR Forum e ora disponibile in versione italiana. Il commento di _Toni Muzi Falconi._
Lo scorso novembre, la community internazionale dei relatori pubblici si è riunita in Australia per continuare il lavoro avviato nel 2010 a Stoccolma. Il lavoro dei professionisti che per tre giorni hanno dibattuto dell’attualità e del futuro della professione è confluito nel Mandato di Melbourne, un documento ora disponibile anche in versione italiana grazie al lavoro di revisione di Biagio Oppi, delegato Ferpi presente a Melbourne, Elena Bernasconi ed Elisa Noli di Global Alliance e Toni Muzi Falconi. Proprio di quest’ultimo, è il commento alla traduzione italiana del Melboune Mandate.
di Toni Muzi Falconi
Il percorso che nel 2009/10 portò alla stesura e approvazione degli Accordi di Stoccolma inaugurava (anche grazie ad un uso attento delle nuove tecnologie della comunicazione) una stagione intensa di confronto, dibattito e scambio di conoscenze, competenze e diffusione di idee, paradigmi e questioni a livello globale, e che coinvolse molte centinaia di professionisti giovani, senior, di accademici e ricercatori.
Con il Mandato di Melbourne del 2012 quel percorso, sia pure assai semplificato e ridotto nella sua potenziale ricchezza, Global Alliance ha voluto proseguire quella esperienza con risultati utili e interessanti per la comunità globale delle relazioni pubbliche.
In sostanza, negli ultimi tre anni sono state elaborate, discusse e diffuse nel mondo conoscenze senza precedenti in termini di qualità, di esposizione e di applicazione.
Gli Accordi di Stoccolma operano in uno spazio sinistra – destra – sinistra (non dall’alto in basso, ma neppure dal basso in alto…) e si focalizzano su una storia che argomenta come l’operatività del relatore pubblico di una organizzazione comunicativa – diversa perché pone la comunicazione trasversalmente a tutte le funzioni organizzative ed è ben consapevole che il principale valore generato sta in quello attribuibile alla qualità delle relazioni – può accrescere il valore della sostenibilità, della governance e del management di quella organizzazione, integrando e allineando la comunicazione interna con quella esterna in un flusso continuo, multicanale, multistakeholder di rendicontazione delle attività, basata su un processo continuo di ascolto e di coinvolgimento dei pubblici influenti.
Riconoscendo che il contenuto degli Accordi di Stoccolma è ancora pienamente congruo – anche se negli ultimi due anni alcune idee ivi contenute hanno preso il volo e si sono assai articolate, consolidate e sviluppate – il Mandato di Melbourne esplora, approfondisce e indica al relatore pubblico tre altri nuovi e importanti concetti che vanno a rafforzare quella che ormai rappresenta la più avanzata piattaforma davvero operativa per il relatore pubblico a livello globale.
I tre concetti sono:
le caratteristiche uniche, il dna o, meglio, l’ epigenetica dell’organizzazione (e qui si parte dai risultati del modello Building Belief della Arthur Page del 2012 fino ad arrivare ad una efficace descrizione di un processo operativo per valutare la distanza fra il dna e gli effettivi comportamenti);
l’ articolazione del processo di ascolto, intesa come parte prevalente di ogni azione comunicativa e come fil rouge delle attività di tutte le funzioni organizzative,
e, ancora più rilevante a mio giudizio, la transizione ormai non più eludibile dal concetto abusato e affaticato di etica del relatore pubblico a quello, assai più concreto e utile, di responsabilità, declinato in termini organizzativi, professionali e del individuali.
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