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In principio erat verbum

14/04/2020

Tatiana Coviello

Siamo “umani-monchi” in questa fase: ci manca quella fisicità della comunicazione che, anche al di là degli stereotipi sugli italiani, ci caratterizza. E mancando questa componente ecco che la parola diventa ancora più importante, il suo peso specifico aumenta. L’ha sostenuto Vera Gheno durante l’appuntamento con il secondo CafFerpi, organizzato dalla Delegazione Ferpi Triveneto.

È successo a ciascuno di noi di ricevere in uno dei tanti “gruppi” in qualche chat di ricevere una emerita panzana (traduzione casereccia di “fake”).
È successo che abbiamo ricevuto, e qualche volta scritto magari una mail, un tweet o un post senza calcolare che chi la riceve o lo legge dall’altra parte lo interpreta a modo suo, senza che possa far ricorso a quella componente fondamentale della comunicazione che è il non verbale.
È successo e succederà ancora, non solo mentre siamo costretti  dalla contingenza a comunicare con una sorta di socialità “mediata”, ma anche “dopo” nel tanto desiderato “day after”.

Credo che molti di noi, che hanno avuto la fortuna di poter ascoltare Vera Gheno, sociolingiuista e docente all’Università di Firenze, hanno fatto questi pensieri durante il secondo appuntamento al CafFerpi.

Dubbio, Riflessione, Silenzio

Siamo, ci ha ben spiegato Vera, “umani-monchi” in questa fase: ci manca quella fisicità della comunicazione che, anche al di là degli stereotipi sugli italiani, ci caratterizza. E mancando questa componente ecco che la parola diventa ancora più importante, il suo peso specifico aumenta.

Aumenta di conseguenza anche la necessità che la parola sia autentica, non falsa e non falsificata. Occorre mettere in atto quella disciplina del DRS, Dubbio, Riflessione, Silenzio, che deve sempre caratterizzare il nostro dire.

Siamo stati costretti a transitare di punto in bianco in un’altra dimensione comunicativa e a uscire da un prevalente uso superficiale, fatto di “like”, “post”, catene di messaggi a un uso più “adulto”, più maturo, che riguarda tutti gli aspetti della vita. Certo il lavoro ma la scuola e gli affetti.

Stupidità globale o intelligenza collettiva?


Non possiamo più farci scudo dell’ignoranza o dell’incapacità di un uso dello strumento tecnologico per non esercitare la competenza umana basilare del dubbio metodico, della attenta riflessione che può condurre anche al silenzio: DRS appunto. Quell’atteggiamento che dovrebbe anche permettere di apprendere dalle esperienze altrui: il che non sembra essere avvenuto in questi tempi di crisi, in cui via via in ogni Paese si sono compiuti gli stessi errori fatti precedentemente da altri. Forse si è globalizzata la stupidità o forse siamo ancora agli albori di quella che potrebbe diventare una intelligenza collettiva ma ancora non ne siamo capaci?

Intelligenza digitale

Tutto ciò però non si apprende per natura, occorre educare ed educarsi: occorre un autentico processo di formazione di massa, che riguardi tanto i giovani in età scolare quanto gli adulti.

Io credo che l’Intelligenza digitale (ID) non sia quindi da intendere solo come strumento tecnologico, ma anche quell’insieme di abilità personali (razionali, emotive, intuitive) che permettono di comprendere la realtà presente e di sapersi confrontare criticamente con essa.

Ecco, se dovessi condensare in un tweet ciò che ci ha offerto Vera Gheno direi così: riappropriamoci delle parole, ricordandoci che “in principio erat verbum”, la parola è alla base della nostra natura umana”.  Tema che tra l’altro martedì 14 alle 18.00 Lorenzo Carpanè affronterà con una diretta Facebook sulla pagina di Palestra della scrittura.

Vera ha concluso dicendoci che nella paura possiamo fare due cose: rannicchiarci oppure combattere. Preferisco optare per la seconda, partendo da quello che abbiamo: la parola, ed usare questo tempo di clausura forzata per riflettere e studiare sul come poterla utilizzare al meglio. Perché è la parola ciò che ci rende unici: anche quando scriviamo un post.

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