Cos'è la Social TV?
16/11/2012
L'abitudine di twittare durante la visione di un programma televisivo o qualcosa di più? Complici i social network, gli smartphone e le app, si profila per le televisioni generaliste la possibilità di un "riscatto". E di nuovi inserzionisti pubblicitari. Il commento di _Vincenzo Cosenza._
di Vincenzo Cosenza
Ultimamente sento spesso associare il termine “social tv” all’abitudine di twittare guardando una trasmissione televisivo. Una semplificazione grossolana dato che con “social tv” si intende far riferimento ad un inedito modo di fruire, ma anche di produrre i programmi televisivi, mediato dalla rete. Due i vettori di questo cambiamento in atto:
le nuove abitudini di visione delle fasce di popolazione più avvezze alla tecnologia, che hanno incominciato a guardare i programmi e a commentarli in tempo reale. Una visione collettiva abilitata dal secondo schermo, sia esso smartphone, tablet o computer. Lo fanno ogni settimana il 69% degli italiani secondo uno studio Ericsson ConsumerLab. A ciò si aggiunga la tendenza ad estendere l’esperienza oltre il momento della messa in onda: la visione e condivisione di spezzoni da YouTube, la ricerca di contenuti esclusivi tra una stagione ed un’altra;
un ecosistema di software e hardware in grado di stimolare il coinvolgimento dello spettatore, non più disposto ad una fruizione passiva. Si pensi ad esempio alle applicazioni come GetGlue o Miso che permettono di creare reti sociali basate sulla visione di uno show, di dichiarare le proprie passioni (attraverso il check-in) e commentare con gli altri, guadagnando premi virtuali. Lato hardware questa convergenza è spinta da “set top box” come Apple TV, TiVo, Boxee o da televisori che permettono di connettersi alla rete (Samsung, LG, Sony li stanno offrendo in partnership con Google e Yahoo!). Ma c’è molto di più come si evince dalla grafica in basso, nella quale, per l’Italia, andrebbe aggiunta la piattaforma che abbiamo sviluppato in Blogmeter che permette le analisi quantitative e qualitative delle conversazioni e delle interazioni attorno alle trasmissioni televisive (alcuni esempi).
La sfida per i broadcaster è complicata, ma stimolante. Soprattutto per quelli della tv generalista che si trovano ad avere l’occasione di riagganciare il pubblico più giovane e di conseguenza gli inserzionisti pubblicitari. Negli Stati Uniti le sperimentazioni sono innumerevoli. In Italia si sta iniziando con molta fatica.
Ne ho parlato approfonditamente su CheFuturo!, ma ti consiglio anche questa collezione di ricerche sul tema.
Fonte: Vincos blog