Lorenzo Canu
Presentato al Congresso Annuale di EUPRERA il paper di Comm to Action sul ruolo delle RP nella gestione dei disastri naturali, con il supporto incondizionato di FERPI.
Si è tenuto dal 21 al 24 settembre 2022 a Vienna il Congresso Annuale dell’European Public Relations Education and Research Association (EUPRERA), l’associazione per la ricerca e l’educazione delle PR che organizza, tra le altre iniziative, l'annuale Simposio internazionale a Bled, in Slovenia.
Tra i temi più “caldi”: i diversi ruoli della comunicazione e dell’ascolto interni, l’importanza della sostenibilità e il supporto a chi cerca di migliorare le aziende dall’interno.
Comunicazione interna
Partiamo dalla definizione di ascolto organizzativo o interno, attività che comprende la cultura, i processi e le tecnologie applicate da un’organizzazione per dare riconoscimento, attenzione e risposta ai propri stakeholders e pubblici. Nella loro presentazione, Mona Agerholm Andersen, Vibeke Thøis Madsen e Helle Eskesen Gode, professoresse in diverse università di Århus, spiegano quali siano i benefici concreti.
Partendo dalla domanda “perché studiare l’ascolto interno”, le risposte variano dall’aumento nella fiducia nell’azienda fino al riconoscimento del suo ruolo come prerequisito per il cambiamento e la gestione delle crisi. Lo studio dimostra come i social media interni rappresentino un’arena che rende possibile sia l’ascolto verticale che quello orizzontale. Favorire una comunicazione orizzontale tra i dipendenti permette infatti di confrontarsi tra colleghi, creando solidarietà e incoraggiando soluzioni condivise. È importante però che chi si occupa di questi spazi conosca il medium e l’audience, dosando toni troppo formali e risposte “di routine” che potrebbero creare frustrazioni o tensioni.
Un altro tema importante di cui si è discusso è il fenomeno della Great Resignation (e del quiet quitting). Leggiamo spesso nei giornali che un numero crescente di persone decide di licenziarsi grazie a una ritrovata preferenza per un miglior equilibrio vita-lavoro. Essendo oggettivamente la questione non trascurabile, prendiamoci un momento per riflettere sulle motivazioni, e di più sulle possibili soluzioni.
Esplorando quali siano alcune delle ragioni alla base del quiet quitting emerge, per esempio, che le tensioni personali dei dipendenti rimangano dormienti finché non vengono amplificate da conflitti, che rendendole più salienti, spingono verso un cambiamento. Come relatori pubblici, dobbiamo prestare attenzione ad un clima di lavoro poco incoraggiante, politiche aziendali a volte incomprensibili e uno sbiadimento dell’equilibrio tra vita personale e lavoro, che possono demoralizzare e irritare i dipendenti. Un approccio più relazionale e dialogico può essere una soluzione a tali dinamiche, favorendo nel processo un miglior employer branding.
L’employer branding (EB), può rappresentare uno strumento utile per i relatori pubblici. In uno studio svolto da due università olandesi, la Hanze University of Applied Sciences e l’University of Groningen, si sostiene infatti che le preferenze preesistenti verso una determinata azienda siano importanti e che possano far luce sulla relazione tra EB e attrattiva del posto di lavoro. Questo nonostante i dati dello studio stesso non dimostrino che la sola presenza di certi nomi nelle offerte di lavoro abbia un effetto positivo sull'attrattiva dell'organizzazione. Ma allora perché ne stiamo parlando? Se i dati non dimostrano che l'EB da solo abbia un ruolo nel rendere più attrattiva un’azienda quando si cerca lavoro, perché considerala come variabile? Ragioniamo. Magari l’EB in sé serve a poco nei piccoli centri, ma in contesti di grande concentrazione e densità di industrie come le capitali e i distretti produttivi, può davvero essere il fattore che fa la differenza nella scelta tra un’azienda o un’altra. Quindi, forse, l’idea specifica di sviluppare l’employer branding per aumentare l’attrattività di talenti può essere qualcosa che noi comunicatori dobbiamo tenere a mente per far risaltare la nostra azienda in situazioni di grande competizione orizzontale.
Durante il Congresso si è inoltre riflettuto sul livello di preparazione dei professionisti di PR e di comunicazione strategica nell’approccio di open innovation, concentrata su dinamiche collaborative. Oltre ad emergere che la ricerca su questo ambito rimanga un argomento trascurato, emerge anche che in un ambiente guidato dagli asset intangibili (brand, reputazione e fiducia) il ruolo del comunicatore sia cruciale nel mantenimento delle relazioni con gli stakeholder, e che il ruolo strategico della funzione comunicativa in azienda rimane una sfida. Che sia il momento di incontrarci di nuovo?
Un altro tema ben trattato è stato quello della lobby che inizia a destare interesse anche nel panorama Italiano. Parlo in particolare dei webinar su “La Legge sulla Lobby tra rappresentanza di interessi e democrazia” lanciati su iniziativa di FERPI Lazio e del suo Delegato, Giuseppe de Lucia, e moderati da Vincenzo Manfredi, Delegato FERPI Public Affairs e Advocacy. Nella direzione di questa collaborazione, frutto degli sforzi condivisi di FERPI e The Good Lobby Italia, vorrei soffermarmi su un tema al centro di un'altra campagna di TGL, la protezione dei whistleblowers.
Nella sua presentazione sulle critiche verso le attività di finanza sostenibile, la studentessa magistrale Vesile rileva come i whistleblowers (dipendenti che, di fronte a un sospetto caso di corruzione, decidono di denunciare alle autorità) giochino un ruolo fondamentale nell’avvertire il pubblico riguardo ad episodi di cattiva condotta. Come opinion leaders, infatti, svolgono un’onorevole mansione sociale garantendo trasparenza. Ma come cittadini italiani, purtroppo, non sono tutelati, nonostante una direttiva della Commissione Europea. Perché dovrebbe interessarci? Perché in una società particolarmente attenta al fatto che aziende e istituzioni “facciano quello che dicono”, episodi di questo genere colpiscono gravemente la reputazione aziendale.
Ambiente
Nel panel Challenges in Sustainability Communication si è approfondita la differenza tra l’orientamento pragmatico della comunicazione ambientale, contraddistinta da rigore accademico e scientifico, e l’orientamento delle pubbliche relazioni, concentrate sulla rilevanza del messaggio. Per quanto sia assolutamente importante garantire la qualità e la precisione delle informazioni su un tema complesso come quello del cambiamento climatico, allo stesso tempo non si può non tenere conto delle necessità comunicative del più ampio pubblico. Mi spiego. Mi capita sovente di parlare con colleghi o studenti in prima linea su grandi temi come il cambiamento climatico, la regolamentazione dell’immigrazione e il miglioramento delle carceri. Altrettanto spesso, però, noto una certa difficoltà nel riuscire a comunicare con efficacia questi temi, semplificandoli, per esempio. Sembra quasi che ci sia una forte diffidenza nel “commercializzare” certi messaggi, a scapito sì di complessità di pensiero ma a favore di una loro migliore comprensione e reach. Sappiamo bene quanto sia invece facile strumentalizzare il tema della sostenibilità a proprio favore (leggasi greenwashing).
Partiamo dal reporting aziendale sulla sostenibilità, virtuoso strumento di CSR a disposizione delle aziende per presentare il proprio impegno verso una produzione più sostenibile. Purtroppo, si tratta ancora di uno strumento non ancora regolato in maniera definitiva in Italia, permettendo così alle aziende di avere maggiore libertà di presentare i propri dati con solo la propria etica come bussola. Ma cosa succede se l’etica non è abbastanza “etica”? Per esempio, si possono usare tecniche grafiche per ritoccare il report al fine di darne un’immagine migliore. Nel suo intervento Denis Simunovic, IULM, si è soffermato sull’uso di queste tecniche.
La svolta grafica nella comunicazione CSR permette infatti di sfruttare meccanismi come la selezione dei dati riportati (una variabile piacevole non è per forza la più rappresentativa, basti pensare alla dicitura “solo prodotti naturali”), o l’ingrandimento di certe variabili al fine di concentrare l’attenzione su alcune apparentemente green.
Occorre ricordare che l’adozione di queste tecniche di alterazione sono in contrasto con qualunque principio di trasparenza del Global Reporting Initiative.
Paper
Last but not least, durante il Congresso il Delegato FERPI Emilia-Romagna e relazioni internazionali Biagio Oppi ha presentato con la coordinatrice generale di Comm To Action Giulia Armuzzi il paper “Natural Disasters & Crisis Management in Italy. The Role of Public Relations and Communication Management” realizzato da Giulia Armuzzi, Biagio Oppi, Stefano Martello, Lorenzo Canu, Emanuele De Luca, Elisa Fontemaggi e Francesca Ricci, come ideale proseguimento del lavoro iniziato con la Task Force FERPI in Emilia.
Riconoscendo che l'attuale sistema italiano di gestione delle crisi da disastri naturali concentra i suoi sforzi di comunicazione sulla fase di reazione, piuttosto che su quella di prevenzione, il paper propone un'analisi critica e riformatrice dell'attuale sistema di governo. Il paper rappresenta esso stesso una delle tante occasioni che Comm to Action mette a disposizione di studenti e studentesse. Particolarmente importante è stato in tal senso il percorso di costruzione del documento realizzato attraverso interviste a professionisti e rappresentanti pubblici che hanno vissuto in prima persona i terremoti raccontati. Il paper è consultabile sugli atti del congresso.
Conclusioni e future direzioni
Infine, il Congresso ha visto anche la presentazione del neo-nato EUPRERA PR Education Network. A guida delle professoresse Anca Anton e Monique Abbenbroek, il gruppo cercherà di facilitare la condivisione di best practices educative nel campo delle relazioni pubbliche, a partire da un maggior riconoscimento di questi studi e iniziative come competizioni studentesche e scambi di studio.
Scarica la presentazione del paper.