Anna Cristina Pizzorno
L’eterno ritorno della filosofia, su cui si fonda tutta la nostra cultura e se la comunicazione è il supporto alla costruzione di senso, comune e condiviso, ha molto a che fare con la filosofia e con il fare filosofia.
Qualcuno se n’è accorto. Sta tornando la filosofia. In modo più o meno dichiarato editori, influencer, corsi, podcast, propongono il ‘fare filosofia’ come una nuova versione della filosofia che abbiamo studiato al liceo e all’università. Quella materia di cui è sempre difficile dire a cosa serva. Eppure su di essa si fonda tutta la nostra cultura.
La filosofia è un lusso? Se lo chiedeva il filosofo francese Pierre Hadot per concludere che “il compito della filosofia consiste nel rivelare all’uomo l’utilità dell’inutile”.
Nella lista degli inutilia, per intenderci, si annoverano la poesia, la musica, la pittura… in pratica tutto ciò che è utile all’essere umano in quanto pensante.
Se la comunicazione è il supporto alla costruzione di senso, comune e condiviso, ha molto a che fare con la filosofia e con il ‘fare filosofia’, che è per definizione ricerca di senso.
Del resto nel nostro agire quotidiano per le organizzazioni ci sforziamo di trovare significato e direzione, due sfumature della parola senso. Compiti altamente filosofici ed etici, che ispirano ad agire in modo socialmente responsabile, attento alla giustizia sociale.
La phronesis, la saggezza pratica, dovrebbe essere alla base del nostro lavoro di comunicatori. Secondo Aristotele, è la capacità di giudicare, in ogni situazione, la cosa giusta da fare per promuovere il bene comune, adattando le scelte e le azioni alle circostanze specifiche.
Richiede sia conoscenza teorica, sia applicazione pratica, ci permette di affrontare con intelligenza e sensibilità una vasta gamma di situazioni, dalle crisi aziendali alla costruzione di relazioni di fiducia con stakeholders e pubblici.
E se il nostro lavoro è promuovere relazioni autentiche e durature ecco allora che ascolto, empatia e rispetto, sono per dovere nel toolkit morale del comunicatore che vuole costruire reputazione basata sulla fiducia reciproca.
Infine, ogni azione ha un suo impatto. Anche quando dobbiamo agire rapidi, per gestire crisi e situazioni complesse, il comunicatore che ‘fa filosofia’ si ferma e valuta gli effetti a lungo termine mantenendo un approccio responsabile verso le organizzazioni e le persone.
La filosofia può ispirare innovazione nella comunicazione e nelle relazioni pubbliche soprattutto quando aiuta a sviluppare un approccio basato sul pensiero critico, etico e strategico, e quando incoraggiamo le organizzazioni a fare lo stesso.
Per esempio stimolando ad interrogarsi sul perché delle cose, e non solo sul come, ‘togliendo le incrostazioni’ ai concetti e rivedendoli, perché alla fine è così che si fa innovazione, quando pensando insieme, a più teste, emerge una prospettiva inedita.
Dotati della capacità di saperci muovere nella complessità e nelle interconnessioni della società, siamo agenti naturali della sostenibilità che richiede necessariamente un cambiamento di paradigmi. E allora è conseguenza necessaria il porci domande anche sulla comunicazione, mettendo in discussione modelli comunicativi convenzionali, per sperimentare nuovi approcci che rompano gli schemi e facilitino il cambiamento.
É così che la filosofia ritorna anche nella comunicazione, ma di fatto c’è sempre stata e ora riemerge perché dobbiamo ri-significare il nostro agire, così come è imprescindibile ripensare i nostri modelli di vita.
Essere riflessivi, sempre autentici e responsabili, attenti a tutte le implicazioni etiche, orientati a nuove prospettive e promotori di connessioni più profonde e significative con e tra le persone, è ciò che possiamo davvero fare per supportare la costruzione di nuovi significati, di nuove ‘tessiture sociali’, in cui l’obiettivo delle organizzazioni tenda a coincidere con quello di tutti gli esseri viventi, tracciando così un destino positivo per la Terra.