Da Google a Ferpi, quale web 2.0?
02/03/2010
A partire dalla recente vicenda che ha visto coinvolta Google, Toni Muzi Falconi prende spunto per commentare un episodio verificatosi sul sito Ferpi.
di Toni Muzi Falconi
Se qualcuno scrive qualcosa di penalmente rilevante su un muro di mia proprietà non credo di potere essere ritenuto giudiziariamente responsabile.
Una cosa è che, come molti proprietari di mura fanno e come anche Google ha fatto, io decida di testa mia di cancellare la scritta. Ma di certo non posso esservi costretto.
Con questo non intendo necessariamente esprimere un giudizio negativo sulla recente decisione di un giudice di Milano che ha fatto il giro del mondo in un baleno e che riguarda Google. Un articolo del New York Times di domenica spiegava ai suoi lettori come in Europa la tutela della privacy fosse superiore a quella della libertà di espressione. Non so se questa ‘giustificazione’ abbia senso giuridico. Certo non ne ha nella realtà visto lo stato della tutela della privacy in Italia e anche quella della libertà di espressione…
Intendo invece illustrare la mia opinione che la direzione del nostro sito, nei giorni scorsi, ha commesso – inconsapevolmente certo, a causa di una fretta e di un nervosismo comprensibili – commesso un plateale errore nella eliminazione di un paio di commenti ad una notizia poi slittata in coda alla seconda pagina delle notizie.
Perché affronto questo tema?
Perché spero che questo episodio, sulla scia di quello di Google, aiuti a capire meglio alcune caratteristiche dell’ambiente comunicativo in cui ci troviamo oggi ad operare.
Dunque, con una scelta che da semplice lettore ho pienamente condiviso, il nostro direttore ha messo in home page qualche giorno fa una notizia relativa alla nuova versione di PRItalia, un social media dedicato alle relazioni pubbliche che esiste da qualche tempo e che ha un discreto successo.
Apriti cielo!
Un nostro collega, sfidando il senso del ridicolo, ha commentato la notizia stigmatizzando la pubblicazione della notizia e accusando la direzione del sito di aver dato spazio alla ‘concorrenza’ di Ferpinet.
Nel giro di qualche minuto è stato inserito un secondo commento (mio questa volta) nel quale contestavo la posizione del collega, congratulandomi con il direttore e auspicando dieci, cento, mille Pr Italia. Approfittavo del piccolo incidente per chiedere, a mia volta, un chiarimento sul senso di Ferpinet visto che, da qualsiasi punto di vista lo guardi, appare difficile dire che il nostro sito non contenga le caratteristiche di un social media.
Il responsabile del sito mi ha immediatamente e cortesemente chiesto di poter rimuovere il mio commento sostenendo che un simile dibattito era meglio non farlo online (richiamando alla mente discussioni passate con altri dirigenti di Ferpi che assai poco avevano capito del 2.0).
Insomma, una situazione spiacevole che sarebbe difficile non definire di “censura”.
Risultato: anche se infastidito dal senso del commento, un po’ sprovveduto del nostro collega non posso non dargli ragione, mentre non posso non pensare che al nostro amato direttore (benemerito per il prezioso lavoro e produttore praticamente unico del maggior valore aggiunto che Ferpi porta alla società italiana) l’acqua sia andata per traverso.
Giochetti della ‘reputazione’e del 2.0…