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Per comunicare la sostenibilità è necessario un cambio di paradigma

18/02/2021

Federica Carini

Continuano le intervista a valle dell’evento formativo organizzato da FERPI con ASviS, lo scorso 27 gennaio. Questa settimana Federica Carini ha intervistato Laura Cantoni, Partner Astarea, società di ricerche di marketing, sociali e di opinione con un focus sulla sostenibilità.

Come è cambiata l'attenzione delle imprese verso la sostenibilità rispetto alle pratiche svolte?

Il tema è molto complesso, perché l’affaccio delle imprese verso il sociale (che sta al fondo del concetto di sostenibilità) è cosa di lungo periodo: ha origine soprattutto nei Paesi anglosassoni negli anni 70 e in questi 40 anni si è molto evoluto. I primi passi (a parte i casi di imprese particolarmente lungimiranti) sono state le diverse attività di CSR – allora si parlava di Cause Related Marketing, di investimenti nel sociale, piuttosto che di pratiche munifiche - che abbiamo seguito negli anni Novanta. Si trattava, allora, di interventi soprattutto a valle del processo produttivo, perché basati sulla devoluzione di parte dei profitti ad attività socialmente utili. In questo contesto non si metteva per nulla, o poco, in discussione il paradigma tradizionale di gestione dell’impresa.
Il punto di svolta è scattato con il Rapporto Brundtland del 1987 (fortemente suggerito dalle catastrofi che stava causando il cambiamento climatico), dove venne introdotto per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile che “soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri, nonché quelli del pianeta”.
Lo sviluppo sostenibile di anno in anno, nei vari summit delle grandi imprese mondiali è diventato il Gotha dell’economia internazionale (Business Round Table agosto 2019 negli USA, dicembre 2020 Davos, per non parlare della recente edizione di quest’anno con le plateali dichiarazioni del Presidente Macron), che sostiene la necessità di un ribaltamento della mission dell’impresa, la quale deve essere orientata a premiare tutti i portatori di interessi, non solo gli shareholder.
Assistiamo oggi a un cambio di prospettiva che trascende l’implementazione di singole attività per passare ad un cambiamento intrinseco dei processi gestionali aziendali: dal controllo della filiera, al risparmio delle risorse, al riciclo degli scarti, ad un diverso engineering dei prodotti, etc. Un percorso non certo diffuso, ma in fieri, che è complesso e oneroso, che si scontra con mille ostacoli ma che potrebbe portare ad un modello di sviluppo alternativo a quello attuale.

Quando le imprese comunicano la loro attenzione verso la sostenibilità su che cosa incentrano la loro comunicazione e a chi si rivolgono maggiormente?

Il tema della comunicazione è cruciale: è emerso, in recenti nostri studi, come l’assenza di informazione è uno dei principali motivi di non-acquisto dei prodotti “virtuosi” da parte dei consumatori e che se non si comunica la sostenibilità di imprese pur impegnate è bassissima.
La comunicazione della sostenibilità si pone soprattutto obiettivi reputazionali e di notorietà, piuttosto che di stimolo alla domanda degli end-user, con le grandi imprese più delle altre attente a questi aspetti.
Il rafforzamento delle relazioni appare meno focalizzato sia per quanto riguarda la progettualità con i diversi stakeholder sia la cura del rapporto con la distribuzione.
I target della comunicazione sono molteplici e a ciascuno si dedicano argomenti specifici, in un’ottica tradizionale di segmentazione propria del marketing: a ciascuno il suo, tanto per sintetizzare, secondo i suoi (ipotizzati) bisogni informativi. I dipendenti sono informati da quasi tutte le imprese, altri target sono i clienti b2b, i consumatori finali e i media. Minore è invece, dal punto di vista della comunicazione, l’attenzione rivolta alle istituzioni pubbliche e ai fornitori e ancora meno verso il trade e le istituzioni finanziarie (alle quali comunque le grandi imprese si rivolgono di più).

Quali gap sono emersi nell'indagine tra gli obiettivi di comunicazione enunciati e i risultati raggiunti? Quali sono i motivi?

La domanda è molto pertinente, perché investe uno degli elementi più fragili della comunicazione sulla sostenibilità.
Un elemento eclatante: si dichiarano molto soddisfatte della capacità della comunicazione nel raggiungere i propri obiettivi meno di 1/3 delle imprese.
La comunicazione non solo raggiunge debolmente i suoi obiettivi, ma li raggiunge in modo poco coerente e gli obiettivi non vengono raggiunti. Paradossalmente, le imprese più soddisfatte dei risultati sono le piccole e medie che più delle altre si sono poste come obiettivo lo stimolo della domanda finale.
I motivi di questi risultati sembrano parecchi, e nell’insieme abbastanza chiari.
Si pone in primo luogo una questione di canali. La comunicazione della sostenibilità viene veicolata soprattutto attraverso canali proprietari, in particolare il sito, i social aziendali, la comunicazione interna.
I media, generalisti o specializzati, costituiscono il secondo gruppo di canali utilizzati e ad essi vengono consegnate informazioni più focalizzate su singoli temi come il territorio-comunità e l’ambiente.
I canali di comunicazione sono quindi fortemente auto-riferiti e molto pulling.
Un’altra questione di non scarsa rilevanza è che molte imprese lamentano difficoltà nel comunicare le proprie pratiche di sostenibilità e ciò riguarda non solo quelle che comunicano poco o nulla, ma anche quasi la metà delle imprese seriamente impegnate.
E paradossalmente, i problemi accomunano i due sotto-target.
Il campo più consistente deriva dalle difficoltà sintattiche: dalla complessità di trasferire i temi della sostenibilità modo comprensibile e immediato, alla problematicità di integrare le logiche della sostenibilità nel racconto di prodotti e servizi.
La comunicazione sembra far fatica nel raccontare come si generi valore aggiunto in modo sinergico e coerente lungo tutta la catena di valore e come questo si possa alla fine scaricare sul mercato.
Così come la sostenibilità in una logica di impresa implica un cambio di paradigma nella gestione aziendale complessiva, anche raccontarla dovrà uscire dai format consueti della comunicazione sia corporate sia commerciale. Il racconto della sostenibilità deve predisporsi a un cambio di paradigma, tanto più necessario in quanto si tratta di uno shift culturale.
Se la reputazione e l’immagine sono considerati fini e non conseguenze della sostenibilità, si rischia di apparire strumentali e non investire sul valore aggiunto della propria offerta derivato da scelte complessive a monte. L’azienda deve costruire il racconto di come sia strategicamente sostenibile elevando le prassi adottate, trasferendo vision e valori ai propri stakeholder, dotandosi di modelli interpretativi nuovi che integrino gli elementi del proprio essere sostenibile nell'architettura della marca.

 

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