Dalle terre di Gomorra alle contrade del Guangdong, dai boss dei casalesi alle broker cinesi in minigonna: c’è un filo nero che collega clan, imprese troppo disinvolte, politici collusi, apparati statali deviati, funzionari pubblici corrotti. E’ la dark economy, un settore che fattura ogni anno miliardi di euro con i traffici illegali di rifiuti su scala globale. Siamo di fronte all’altra faccia dello specchio, il lato oscuro della produzione. Medicine scadute, vecchi computer, auto da rottamare, lampadine, vestiti, pneumatici: tutti gli oggetti che ci circondano hanno un doppio destino. Possono diventare risorse da recuperare, alimentando l’industria del riciclo, o un’arma in mano alla criminalità che si arricchisce trasformandoli in una poltiglia infettante carica di metalli pesanti e batteri, diossine e amianto.Quando i riflettori del consumo si spengono e gli spettatori si distraggono, entra in scena la dark economy, la mafia dei veleni. Nomi, numeri, rotte dei traffici, ragnatela delle complicità. È un virus che si diffonde: ma esiste un antidoto. _Antonio Cianciullo_ ed _Enrico Fontana_ mostrano il rovescio della medaglia della green economy.