/media/post/939ub99/bonniecaver.jpg
Ferpi > News > Dare forma al futuro della comunicazione

Dare forma al futuro della comunicazione

10/04/2025

Redazione

 

Intervista a Bonnie Caver in vista dello European Summit e dell’AI Symposium di Global Alliance, che si terranno il 16 maggio a Venezia.

 

Bonnie Caver, SCMP, IABC Fellow, - già presidente dell'International Association of Business Communicators, membro del consiglio di amministrazione della Global Alliance for Public Relations and Communication Management e co-facilitatrice della sessione che darà vita al Venice Pledge, un impegno globale per un'IA etica e responsabile nella comunicazione - è intervistata da Lorenzo Canu, studente magistrale all'Università di Amsterdam, attualmente impegnato in una tesi sul tema dei Trusted Flaggers dell'UE e Coordinatore Operativo FERPILab.

 

Nel corso della conversazione, Caver offre una riflessione lungimirante sul ruolo in evoluzione della professione in una società guidata dall'intelligenza artificiale, sottolineando l'importanza dell'etica, dello scopo e della collaborazione globale. Il dialogo anticipa alcuni dei temi centrali del prossimo Summit ed esplora come i professionisti della comunicazione possano guidare la trasformazione tecnologica rimanendo radicati nei valori che definiscono il settore.

 

Lorenzo: L'AI Symposium, nell'ambito dello European Communication Summit di Venezia, riunirà i leader della comunicazione da tutta Europa. Dal suo punto di vista, cosa rende questo Summit particolarmente significativo per i professionisti delle relazioni pubbliche e della comunicazione?

 

Bonnie: Uno degli aspetti più importanti dell'AI Symposium è la sua tempistica. Siamo in un periodo di continuo cambiamento da un po' di tempo, ma sta diventando sempre più intenso. Il ritmo sta accelerando e sembra quasi una valanga. Il cambiamento è brusco e crea quello che ho definito una sorta di effetto “colpo di frusta”. Siamo sballottati nella neve: alcuni giorni ci sentiamo completamente sepolti, altri spinti da una direzione all'altra.

 

Questa turbolenza costante sta portando a crisi, rischi per la reputazione, violazioni della sicurezza e a un ambiente crescente di disinformazione e di misinformazione. E proprio al centro di tutto questo caos c'è un'opportunità per i professionisti della comunicazione. Questo ci pone di fronte a un ruolo molto importante. Abbiamo l'opportunità di guidare e sostenere le nostre organizzazioni - e anche i governi - mentre attraversiamo questo periodo di grande volatilità.

 

Riunire tutti al summit è importante perché siamo tutti in posizioni diverse nel nostro viaggio verso l'IA. Possiamo trarre alcune lezioni dal COVID-19 per guidarci mentre il mondo inizia a regolamentare e implementare l'IA. Abbiamo visto chiaramente questa dinamica durante la pandemia, quando l'Italia, ad esempio, ha vissuto la crisi prima di altri, e il suo approccio alla comunicazione in quel periodo ha offerto lezioni a luoghi come l'Australia o gli Stati Uniti, che sono stati colpiti più tardi. Ha dimostrato quanto possiamo imparare gli uni dagli altri.

 

Ora ci troviamo in un altro di questi momenti globali. E se da un lato questa perturbazione rappresenta un'opportunità di leadership, dall'altro evidenzia la necessità di collaborare e di parlare con una sola voce. Quando agiamo da soli - come individui o come associazioni limitate a un solo Paese - il nostro impatto è frammentato. Ecco perché la Global Alliance è così importante. Ci offre la piattaforma per riunirci, condividere le nostre conoscenze e creare una voce più forte e unitaria. Questa voce viene ascoltata e ci sono organizzazioni a livello globale che sono desiderose di lavorare con noi.

 

Questo summit ci offre quindi l'opportunità di decidere insieme come vogliamo andare avanti quando si tratta di IA etica e responsabile per la professione e come vogliamo essere leader. Il momento è esattamente quello giusto per questa conversazione.

 

Lorenzo: La tua descrizione risuona particolarmente con un articolo di Jim Macnamara che ho letto di recente, in cui si concentra sul concetto di liminality - uno stato di transizione in cui i confini e le abitudini normali vengono stravolti, aprendo lo spazio per un nuovo pensiero e una nuova immaginazione. Così come Macnamara inquadra la pandemia come un momento macro-liminale, questo summit sembra uno spazio liminale per la professione della comunicazione. Se ho capito bene, la “valanga” e il “colpo di frusta” a cui lei fa riferimento colgono il disorientamento di trovarsi tra vecchi sistemi e nuove possibilità. Ma in questa turbolenza c'è la possibilità di costruire qualcosa di meglio - forse anche il tipo di communitas che Macnamara descrive, dove la vulnerabilità condivisa porta a un rinnovato scopo collettivo.

 

Lorenzo: Il tema del summit è “Tecnologia, tendenze e trasformazione della comunicazione”, con un'attenzione particolare al modo in cui tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale stanno rimodellando il settore. Perché ritiene che questo tema sia particolarmente importante in questo momento per i comunicatori?

 

Bonnie: Penso che tra cinque anni non riconosceremo più la nostra professione. Cambierà così tanto, e in modo così significativo, che dovremo essere all'altezza di guidare l'aspetto della nostra professione in un mondo abilitato dall'intelligenza artificiale.

 

Dovremo combattere una battaglia per rimanere rilevanti perché la tecnologia, a prima vista, sembra in grado di fare molte delle cose che la gente pensa che facciamo. C'è quindi l'opportunità di essere all'altezza della situazione, ma dobbiamo definire cos'è la nostra professione e dobbiamo educare le persone su ciò che facciamo davvero.

 

Credo che dopo il COVID-19 abbiamo fatto un lavoro migliore in questo senso, mostrando l'impatto che abbiamo nelle organizzazioni e il valore della comunicazione. Ma non siamo solo “comunicatori”, e su questo sono piuttosto categorico. Quando i leader guardano alle loro organizzazioni, vogliono che tutti siano comunicatori, dagli ingegneri del software al servizio clienti ai team di produzione in prima linea. Ma se continuiamo a parlare di noi stessi come “comunicatori”, non diventiamo diversi da tutti gli altri e possiamo essere considerati irrilevanti.

 

Siamo comunicatori professionisti, e questo significa che siamo addestrati a guidare la comunicazione strategica che si allinea con gli obiettivi aziendali e che, francamente, consente a un'organizzazione di prosperare internamente ed esternamente in tutti gli ambienti. Penso quindi che ci sia l'opportunità di fare molta formazione sulla nostra professione. Ma prima dobbiamo essere futuristi, ascoltare e imparare. Altrimenti, rischiamo di diventare una reliquia storica.

 

Penso invece che possiamo essere leader essenziali in una società illuminata dalla tecnologia.

 

Un esempio perfetto è mio figlio, che è un ingegnere. Quando è andato all'università, ha dovuto seguire corsi di comunicazione perché il direttore della scuola di ingegneria ha detto: “Non sarai un ingegnere di successo se non sai comunicare”.

 

Quindi, parte del suo programma di studi comprendeva la comunicazione e spesso ne parliamo. La sua idea di comunicazione e la mia idea di comunicazione sono la notte e il giorno. È cresciuto in una casa con un comunicatore professionista - anzi due, visto che mio marito è il mio socio in affari e lavora nello stesso settore. Mio figlio capisce che c'è una differenza, ma al di fuori della nostra professione la gente tende a pensare che tutti siano comunicatori. È qui che si crea la confusione.

 

Lorenzo: Lo stesso Summit di Venezia è frutto della collaborazione tra Global Alliance e FERPI, con il contributo di professionisti di tutto il mondo. Quanto è importante questo tipo di collaborazione internazionale nello sviluppo di standard etici per l'IA nella comunicazione e avete osservato differenze nel modo in cui i vari Paesi affrontano l'etica dell'IA nel nostro campo?

 

Bonnie: Speriamo di riuscire a raccogliere abbastanza dati da diverse regioni per rendere questo lavoro significativo. Ci stiamo impegnando molto in questo senso. Ecco perché abbiamo tenuto aperto il sondaggio per una settimana in più, per essere sicuri di ottenere più contributi.

 

Per fare un po' di storia: quando l'anno scorso abbiamo iniziato a studiare l'IA responsabile - l'IA etica e responsabile - abbiamo iniziato a parlare con molti dei membri della nostra Global Alliance. Abbiamo chiesto: “A che punto siete in questo viaggio? Cosa avete fatto su questo tema con i vostri membri?”.

 

Abbiamo scoperto che ogni associazione ha già le sue linee guida etiche. La stessa Global Alliance ha 16 principi etici che sono fondamentali per la pratica delle relazioni pubbliche e della gestione della comunicazione. Una delle parti fondamentali di questo quadro è che ci rifacciamo sempre all'etica locale. Quindi, se siete in Italia, per esempio, fate riferimento alla FERPI. Se siete membri di PRSA, fate riferimento al codice di PRSA.

 

Quello che abbiamo visto subito è che gli standard etici sono già applicati all'IA in molti luoghi. Ci sono già. Non avevamo bisogno di ricreare quella parte.

 

Alcune organizzazioni erano avanti rispetto alle altre. Il CIPR si è mosso tempestivamente dicendo: «Ecco come i nostri standard etici si applicano all’IA». Hanno fornito una formazione completa e manuali dettagliati. Poi è intervenuta la PRSA affermando: «Ecco come applichiamo i nostri standard». Anche l’IABC ha offerto la propria prospettiva. Quindi, come Global Alliance, abbiamo ritenuto non fosse necessario ripartire da zero con una revisione dell'etica.

 

Invece, abbiamo creduto fosse necessario prendere quella base etica e avanzare ulteriormente verso un’IA responsabile. E l’IA responsabile va oltre l’etica. L'etica è certamente fondamentale, ma la responsabilità ci porta un passo avanti.

 

Io definisco l’IA responsabile come l’integrazione intenzionale e trasparente dell’IA nelle operazioni aziendali, nei processi decisionali e nelle esperienze dei clienti — in modi che sostengano i valori della propria organizzazione, costruiscano fiducia tra gli stakeholder e proteggano le persone da eventuali danni involontari. Questa è l’IA responsabile. Ed è qualcosa di più ampio della semplice applicazione di standard etici.

 

Quindi, quando abbiamo creato il primo documento della Global Alliance sull’IA etica e responsabile, non abbiamo cercato di ridefinire l’etica. Abbiamo semplicemente dichiarato che il principio numero uno è il rigore etico. L'etica è già fondamentale per la nostra professione.

 

E, per quanto ne sappiamo, nessun'altra organizzazione ha ancora affrontato in questo modo l’IA responsabile nella nostra professione. È proprio per questo che questo lavoro è così importante. Questo documento è una collaborazione tra i nostri membri e ci fornisce una voce unificata — una visione condivisa di come la professione delle relazioni pubbliche e della comunicazione debba approcciarsi all’IA responsabile su scala globale.

 

È anche per questo che nel set originale delle linee guida abbiamo incluso sviluppo professionale e advocacy. Sapevamo fin dall’inizio che questo ambito sarebbe stato in continua evoluzione. Abbiamo bisogno di sviluppare la nostra professione affinché sia pronta per un futuro basato sull’IA. Ma dobbiamo anche essere chiari sostenitori, affermando ciò che è giusto e ciò che non lo è.

 

Dobbiamo essere la voce che si alza per dire: questo non è accettabile. La disinformazione non è accettabile. La manipolazione intenzionale dell’informazione non è accettabile. Usare l’IA per fare queste cose non è accettabile.

 

Siamo appena agli inizi. Ora dobbiamo finalizzare come appare per noi l’IA responsabile in quanto professionisti. Un elemento che credo manchi ancora — e che sicuramente discuteremo — è una clausola di «non fare del male». Sto parlando con persone esterne al settore della comunicazione, e molte di loro sottolineano quanto sia critica questa idea nel dibattito più ampio sull’IA. Credo che dovremmo considerare seriamente di includerla.

 

Dobbiamo quindi chiederci, come comunità: è questo il punto dove vogliamo prendere posizione? E vogliamo farlo insieme, con una voce collaborativa?

 

Per questo motivo c'è così tanto lavoro preparatorio prima del summit. Hai menzionato il sondaggio, ma stiamo anche avendo conversazioni con i nostri consigli regionali — inclusi quelli che non saranno presenti al summit. Lo European Regional Council della Global Alliance sta lavorando con FERPI per ospitare l’evento, ma vogliamo assicurarci di ascoltare ogni regione, da ogni parte del mondo.

 

Si sta facendo molto lavoro di preparazione, in modo che quando ci riuniremo potremo avere una conversazione realmente collaborativa.

 

Una volta concordati i principi, dovremo chiederci: Sono quelli giusti? Come li definiamo chiaramente? Cosa manca? Come renderli concreti e attuabili? Come formiamo la nostra professione? Di quali strumenti abbiamo bisogno per aiutare le persone ad applicarli?

 

In definitiva, dobbiamo creare qualcosa di vivo — qualcosa che diventi parte integrante del DNA della nostra professione.

 

Per questo lo chiamiamo Venice Pledge. Questo è l’obiettivo. Non uscire semplicemente con una dichiarazione — ma uscire con un impegno ad agire, a rendere l’IA responsabile una realtà nelle organizzazioni di tutto il mondo.

 

Credo che ogni volta che la Global Alliance si riunirà — e ogni volta che i nostri consigli regionali si incontreranno — questo diventerà parte della conversazione. Così come parliamo regolarmente del 18° Sustainable Development Goal e della comunicazione responsabile, credo che anche questo diventerà un elemento centrale della nostra missione comune.

 

È essenziale continuare a portare avanti il dialogo. Non possiamo semplicemente produrre un documento e pensare di aver terminato il lavoro. Questo ambito evolve ogni giorno, e anche il nostro approccio deve evolversi con esso.

 

Lorenzo: La tua enfasi sull’incorporare l’IA responsabile nel DNA della professione mi ricorda il ragionamento alla base del Global PR & Communications Model 2021. Insieme a Biagio Oppi, abbiamo lavorato alla traduzione italiana edita da FERPI e sviluppato una tesi di ricerca – poi pubblicata e disponibile qui – che esplora la sua applicazione nel contesto nazionale. Uno degli insight chiave del Modello è il ruolo dei professionisti della comunicazione come consulenti interni — che aiutano le organizzazioni a integrare Scopo, Brand e Cultura, Reputazione e Rischio, Comunicazione e Misurazione nei processi decisionali strategici. Ciò che descrivi — trasformare valori come Etica e Responsabilità in pratiche operative concrete — si allinea perfettamente con questa visione. Il Modello invita i professionisti non solo a comunicare intorno a questi pilastri, ma a integrarli nella struttura stessa di come le organizzazioni creano e mantengono valore.

 

Lorenzo: Guardando avanti oltre il summit, cosa ti dà speranza sul futuro dell’IA nelle relazioni pubbliche? Cosa dovrebbero tenere presente i professionisti della comunicazione per assicurarsi che queste tecnologie servano il nostro settore in modo positivo ed etico?

 

Bonnie: Ho speranza. Ho sempre speranza perché viviamo seguendo standard strategici etici e professionali, come il Global Capability Framework. Ed è questo ciò che fa la differenza tra essere professionisti della comunicazione ed essere semplici comunicatori.

 

Abbiamo molto lavoro da fare, ma la nostra professione si è già evoluta in passato e credo che continuerà a evolversi. Dobbiamo semplicemente essere proattivi – come studenti, insegnanti e collaboratori.

 

Ciò che più mi dà speranza è l’opportunità che abbiamo di guidare. Possiamo essere leader in questa trasformazione, una voce di riferimento per orientare il cambiamento. Ed è proprio qui che vedo il potenziale maggiore. Possiamo parlare andando oltre la tecnologia perché, in fin dei conti, la tecnologia dovrebbe servire al progresso della razza umana. Dovrebbe aiutarci a modellare il futuro sostenendo la nostra capacità di lavorare, inventare e costruire una società migliore.

 

La tecnologia dovrebbe aiutarci a fare tutto questo. Ma spetta a noi continuare a fare ciò che rende la nostra professione – e il nostro impatto – autenticamente centrato sull’essere umano.

 

Come professionisti della comunicazione, facciamo già molto di questo lavoro. Portiamo creatività autentica, pensiero critico e autenticità sociale. Sono abilità unicamente umane. E sono proprio queste qualità che ci aiuteranno a guidare durante questo processo di trasformazione.

 

Dobbiamo solo avere la volontà di farci avanti e dire: «Stiamo guidando». E poi dobbiamo davvero farlo. Dobbiamo essere proattivi in questa leadership.

 

Perché, come professione, abbiamo la tendenza a farci distrarre dagli strumenti. Ci lasciamo prendere dalle tattiche. Se permettiamo che ciò ci definisca, rischiamo di trasformare la nostra professione in una reliquia storica.

 

Lorenzo: Quello che hai detto sull’importanza di farsi avanti e assumersi la responsabilità ha risuonato molto con me. Credo che la Global Alliance sia un forte esempio di ciò che significa tradurre le parole in fatti concreti. Non parla semplicemente di Etica e Responsabilità – agisce concretamente per promuoverle. Un recente esempio è il lancio dell’iniziativa #NextInLine – Young Responsible Communicators, che mette in luce una nuova generazione di professionisti impegnati a vivere questi valori. È stato per me un onore essere tra i nominati, e questo mi ha fatto riflettere su quanto sia essenziale non soltanto conoscere i principi etici ma anche incarnarli nella pratica. È incoraggiante vedere che questi valori non vengono semplicemente scritti nei quadri teorici – vengono portati in vita attraverso le persone e azioni concrete nel mondo reale.

È possibile registrarsi allo European Summit a Venezia tramite il link:
https://inspiringpr25.eventbrite.it

 


 

Shaping the Future of Communication

 

Interview with Bonnie Caver ahead of the Global Alliance European Communication Summit and AI Symposium, taking place in Venice on 16 May 2025.


Bonnie Caver, SCMP, IABC Fellow, - former chair of the International Association of Business Communicators, board member of the Global Alliance for Public Relations and Communication Management and co-facilitator of the session that will shape the Venice Pledge, a global commitment to ethical and responsible AI in communication — is interviewed by Lorenzo Canu, a Master’s student at the University of Amsterdam, currently writing a thesis on the EU’s Trusted Flaggers mechanism and General Coordinator of FERPILab.

 

Throughout the conversation, Caver offers a forward-looking reflection on the profession’s evolving role in an AI-driven society, highlighting the importance of ethics, purpose, and global collaboration. The dialogue anticipates several of the core themes of the upcoming Summit and explores how communication professionals can lead technological transformation while remaining rooted in the values that define the field.

 

Lorenzo: The AI Symposium, as part of the European Communication Summit in Venice, will bring together European communication leaders. From your perspective, what makes this summit particularly significant for public relations and communication professionals?

 

Bonnie: One of the most important aspects of the AI Symposium is its timing. We’ve been in a period of ongoing change for quite a while, but it’s becoming more intense. The pace is accelerating, and it feels almost like an avalanche. The change is abrupt, and it creates what I’ve called a kind of “whiplash” effect. We’re being tossed around in the snow — some days we feel completely buried, and other days we’re just being pushed from one direction to another.

 

This constant turbulence is leading to crises, reputational risks, security breaches, and a growing environment of misinformation and disinformation. And right at the center of all of this chaos is an opportunity for communication professionals. That places us in a very important role. We have an opportunity to lead and to support our organizations — and even governments — as we move through this highly volatile time.

Bringing everyone together at the summit is significant because we’re all in different places on our AI journey. We can take some lessons we learned from COVID-19 to guide us as the world begins to regulate and implement AI. We saw this dynamic clearly during the pandemic when Italy, for example, experienced the crisis earlier than others, and its approach to communication during that time offered lessons to places like Australia or the United States, which were hit later. It showed how much we can learn from each other.

 

We’re in another one of those global moments now. And while this disruption presents a chance to lead, it also highlights the need to collaborate and speak with one voice. When we act alone — as individuals or as associations limited to a single country — our impact is fragmented. That’s why the Global Alliance is so important. It gives us the platform to come together, share insight, and create a stronger, unified voice. That voice is being heard, and there are organizations globally that are eager to work with us.

 

So, this summit gives us the opportunity to decide together how we want to move forward when it comes to ethical and responsible AI for the profession and how we want to lead. The timing is exactly right for that conversation.

 

Lorenzo: Your description here resonates strongly with a paper from Jim Macnamara that I have recently read, where he focuses on the concept of Liminality — a state of transition where normal boundaries and habits are disrupted, opening space for new thinking and reimagining. Just as Macnamara frames the pandemic as a macro-liminal moment, this summit feels like a liminal space for the communication profession. If I understand correctly, the “avalanche” and “whiplash” you refer to capture the disorientation of being between old systems and new possibilities. But in that turbulence lies the chance to build something better — perhaps even the kind of communitas Macnamara describes, where shared vulnerability leads to renewed collective purpose. 

 

Lorenzo: The summit’s theme focuses on “Technology, Trends, and Communication Transformation,” with a spotlight on how emerging tech like AI is reshaping the field. Why do you feel this focus is especially relevant right now for communicators?

 

Bonnie: I think in five years, we won’t recognize our profession. It’s going to change so much, and so significantly, that we have to rise to the occasion of guiding what we want our profession to look like in an AI-enabled world.

 

We’re going to have to fight a battle to stay relevant because technology — at first look — seems like it can do a lot of the things people think we do. So there’s an opportunity to rise to the occasion, but we have to define what our profession is, and we have to educate people on what we actually do.

 

I think we’ve done a better job of that coming out of COVID-19 in terms of showing the impact we make in organizations and the value of communication. But we’re not just “communicators,” and I’m pretty adamant about that. When leaders look across their organizations, they want everyone to be a communicator, from software engineers to customer service to manufacturing front-line teams. But if we keep talking about ourselves as “communicators,” we become not different than everyone else and can be considered irrelevant.

 

We’re professional communicator, and that means we’re trained in guiding strategic communication that aligns with business goals and frankly enables an organization to thrive internally and externally in all environments. So I think there’s an opportunity for us to do a lot of education about our profession. But first, we have to be futurists, we have to be listeners, and we have to be learners. Otherwise, we risk becoming a historic relic.

 

Instead, I think we can be essential leaders in a technology-enlightened society.

 

A perfect example is my son — he’s an engineer. When he went to university, he had to take communication classes because the head of the engineering school said, “You won’t be a successful engineer if you can’t communicate.”

 

So, part of his curriculum included communication, and we often have conversations about it. His idea of communication and my idea of communication are night and day. And he grew up in a house with a professional communicator — two, actually, since my husband is my business partner and works in the same field. My son understands that there’s a difference, but outside of our profession, people tend to think everyone’s a communicator. That’s where the confusion lies.

 

Lorenzo: The Venice Summit itself is a collaborative effort between Global Alliance and FERPI, with input from professionals worldwide. How important is this kind of international collaboration in developing ethical standards for AI in communication, and have you observed any differences in how various countries approach AI ethics in our field?

 

Bonnie: We're hoping we'll be able to gather enough data from different regions to make this work meaningful. We are really pushing for that. That’s why we kept the survey open for an extra week — to make sure we get more input.

 

Just to give a little bit of history: when we started looking into responsible AI — ethical and responsible AI — last year, we began having conversations with many of our Global Alliance members. We asked: “Where are you on this journey? What have you done around this topic with your members?”

 

What we found is that every association already has its ethical guidelines. The Global Alliance itself has 16 principles of ethics that are fundamental to the practice of public relations and communication management. One of the key parts of that framework is that we always revert to local ethics. So, if you're in Italy, for example, you refer to FERPI. If you are a member of PRSA, you refer to PRSA's code.

 

What we saw early on is that ethical standards are already being applied to AI in many places. They’re there. We didn't need to recreate that part.

 

Some organizations were ahead of the curve. CIPR stepped out early and said, “Here’s how our ethical standards apply to AI.” They provided comprehensive training and playbooks. PRSA followed, saying, “Here’s how we apply our standards.” IABC also provided its perspective. So we felt that, as the Global Alliance, we didn’t need to go back and rework ethics from scratch.

 

Instead, we believed we needed to take that ethical foundation and move forward with it — toward responsible AI. And responsible AI goes beyond ethics. Ethics are foundational, yes, but responsibility takes us a step further.

 

I define responsible AI as the intentional and transparent integration of AI into business operations, decision-making processes, and customer experiences — in ways that uphold your organization’s values, build stakeholder trust, and protect people from unintended harm. That’s responsible AI. And it’s broader than simply applying ethical standards.

 

So, when we created the Global Alliance’s first document on ethical and responsible AI, we didn’t try to redefine ethics. Other than stating that the number one principle is ethical rigor. Ethics are already foundational to our profession. 

 

And to our knowledge, no other organization has yet addressed responsible AI in our profession in this way. That’s why this work is so important. This document is a collaboration among our members, and it provides us with a unified voice — a shared view of how the public relations and communication profession should approach responsible AI on a global scale.

 

That’s also why we included professional development and advocacy in the original set of guidelines. We knew from the beginning that this space would be constantly evolving. We need to develop our profession to be ready for an AI-enabled future. But we also have to be clear advocates — saying what is right and what is not.

 

And we need to be the voice that stands up and says: This is not acceptable. Misinformation is not acceptable. Disinformation is not acceptable. Using AI to do either of those things is not acceptable.

 

We’re just at the beginning. Now, we have to finalize what responsible AI looks like for us as a profession. One thing I think is still missing — and something we’ll talk about — is a “do no harm” clause. I’ve been talking to people outside the communication field, and many of them emphasize how critical that idea is in the broader AI conversation. I think we should consider including it.

 

And then we need to ask ourselves, as a community: Is this where we want to take a stand? And do we want to do it together, with a collaborative voice?

 

That’s why there’s so much pre-work happening before the summit. You mentioned the survey, but we’re also having conversations with our regional councils — including some that won’t be at the summit. The European Regional Council of the Global Alliance is working with FERPI to host the event, but we want to make sure we’re hearing from every region, across the globe.

 

There’s a lot of work happening in preparation for this, so when we come together, we can have a truly collaborative conversation.

 

Once we agree on the principles, we’ll need to ask: Are they right? How do we define them clearly? What’s missing? How do we make them actionable? How do we train our profession? What tools do we need to support people in applying them?

 

Ultimately, we need to create something that lives — something that becomes part of the DNA of our profession.

 

That’s why we’re calling it the Venice Pledge. That’s the goal. We don’t just walk away with a statement — we walk away with a pledge to act, and to make responsible AI a reality in organizations across the world.

 

I think that every time the Global Alliance comes together — and every time our regional councils meet — this will become part of the conversation. Just as we regularly talk about the 18th Sustainable Development Goals and responsible communication, I believe this, too, will become a core focus of our shared mission.

 

It’s essential to keep the conversation going. We can’t just throw out a document and assume we’re done. This field is evolving every day, and our approach needs to evolve with it.

 

Lorenzo: Your emphasis on embedding responsible AI into the DNA of the profession reminded me of the thinking behind the Global PR & Communication Model 2021. Together with Biagio Oppi, we worked on the Italian translation and developed a thesis - later published and available here - that explored its application in the national context. One of the Model’s key insights is the role of communication professionals as internal advisors — helping organizations integrate Purpose, Brand and Culture, Reputation and Risk, Communication, and Measurement into strategic decision-making. What you describe — turning values like Ethics and Responsibility into lived, operational practice — aligns closely with that vision. The Model calls on professionals not just to communicate around these pillars but to embed them in the very structure of how organizations create and sustain value.

 

Lorenzo: Finally, looking ahead beyond the summit, what gives you hope about the future of AI in public relations? What should communication professionals keep in mind to ensure these technologies serve our industry in a positive, ethical way?

 

Bonnie: I have hope. I always have hope because we live by ethical and professional strategic standards such as the Global Capability Framework. And that’s what makes the difference between being a communication professional and being just a communicator.

 

We have a lot of work to do, but our profession has evolved before, and I believe it will continue to evolve. We just need to be proactive — as learners, teachers, and collaborators.

 

What gives me the most hope is the opportunity we have to lead. We can be a leader in this transformation, a leading voice in how it unfolds. And that’s where I see the potential. We can talk beyond technology because technology, in the end, should be used to advance the human race. It should help shape the future in ways that support our ability to work, to invent, and to build a better society.

 

Technology should help us do all of those things. But it’s up to us to keep doing what makes our profession — and our impact — truly human-centric.

 

As communication professionals, we already do so much of that work. We bring genuine creativity, critical thinking, and social authenticity. These are uniquely human skills. And they’re the strengths that can help us lead through this process of transformation.

 

We just have to be willing to step up and say, “We’re leading.” And then we have to do it. We need to be proactive in that leadership.

 

Because we do have a tendency — as a profession — to get caught up in tools. We get wrapped up in tactics. If we let that define us, we risk turning our profession into a historic relic.

 

Lorenzo: What you said about the importance of stepping forward and taking responsibility resonated with me. I believe the Global Alliance is a strong example of what it means to walk the talk. It doesn’t just speak about Ethics and Responsibility — it takes action to promote them. A recent example is the launch of the #NextInLine – Young Responsible Communicators initiative, which highlights a new generation of professionals who are committed to living these values. I was honored to be among those nominated, and it made me reflect on how essential it is not just to know ethical principles but to embody them in practice. It’s encouraging to see that these values are not just being written into frameworks — they’re being brought to life through people and real-world action.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eventi
Aprile 2025
? Cookies