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Csr, subissati dai questionari
30/03/2004
Le aziende si trovano con una mole di questionari a tema responsabilità sociale oramai enorme. E ogni analisi, che sia di privati o di enti regolatori, è composta da mille domande... Tanto che si inizia a parlare di "questionnaire fatigue" per gli uffici di comunicazione.
La ricerca di informazioni sui comportamenti socialmente responsabili delle aziende da parte degli investitori è diventata sempre più decisiva in questi anni, e al grido di "trasparenza!" si è giunti a un deciso miglioramento nelle relazioni con i clienti. Ora si rischia però di passare il segno, e molte società lamentano una situazione sempre meno sostenibile. Il numero di questionari per la raccolta di informazioni ha ormai raggiunto una soglia critica che rischia di paralizzare il sistema, soprattutto per i grandi gruppi. BT (British Telecom) solo nello scorso anno ha ricevuto e risposto a oltre 200 questionari sulla csr; visto che in media i questionari sono composti di almeno 80 domande, e spesso le domande sono articolate anche in sottodomande, ciò comporta un grande dispendio di tempo e conseguentemente di denaro (secondo i dati forniti da BT rispondere alle domande sulla csr costa all'azienda 25.000 sterline).
Il problema è che molte delle domande dei questionari sono irrilevanti o superflue o richiedono informazioni già a disposizione del pubblico sui siti web aziendali, ma non sono evitabili perché viene presunto che chi non risponde abbia qualcosa da nascondere. Per risolvere la situazione che oggi si avvicina a un pericoloso stallo da congestione il governo britannico ha in programma di varare una regolamentazione che richiede alle aziende di pubblicare annualmente un report sui rischi sociali, ambientali ed etici che affrontano. La London Stock Exchange ha chiesto che le grandi aziende e gli investitori istituzionali diano vita a un sistema di comunicazione dei dati sulla csr più efficente che permetta di alleggerire il traffico di questionari. Alcune agenzie di rating stanno raccogliendo tutti i dati disponibili al pubblico riguardo le aziende in modo che i questionari non contengano domande ovvie. Inoltre gli analisti del settore ritengono che debba mutare l'atteggiamento di chi riceve i questionari: non ci si deve sentire in obbligo di rispondere a tutti né a tutte le domande, in fondo i questionari, chiosa Peter Knight, direttore del gruppo di consulenza sullo sviluppo sostenibile Context, "sono come gli assicuratori. Non si è obbligati a parlare con tutti."Gabriele De Palma - Totem