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Pasqua di Resurrezione: riscoprire la speranza in un mondo smarrito

17/03/2025

Ezio Bertino, Delegato FERPI Piemonte e Valle d’Aosta

Come comunicatori, abbiamo una responsabilità enorme. Scegliamo ogni giorno che tipo di messaggi diffondere, che tipo di mondo raccontare. Possiamo contribuire a rafforzare la paura oppure possiamo scegliere di dare voce a ciò che può ancora rinascere, a chi sogna invece di rassegnarsi.

 

Sono cresciuto in una famiglia in cui la Pasqua non era solo una ricorrenza, ma un momento centrale della vita. Mia madre, Jose, una fervente cattolica, viveva questi giorni con una dedizione che andava oltre la liturgia: era un tempo di riflessione, di silenzio e poi di gioia profonda, autentica. Era come se in quei giorni tutto avesse un significato più grande, più intenso.

 

Il mio percorso di studi e di crescita nel mondo salesiano di Don Bosco ha rafforzato questo senso di appartenenza a una comunità dove la fede non era solo un insieme di regole o celebrazioni, ma un motore per il cambiamento, per la crescita personale e collettiva. Eppure, nel tempo, il mio approccio è diventato più laico, più razionale. Ho cercato risposte altrove, nel pensiero critico, nella comunicazione, nell’analisi della società. Ma c’è qualcosa che, nonostante tutto, non ho mai smesso di percepire: il senso profondo della Pasqua come simbolo di rinascita.

 

Oggi, in un mondo che sembra aver perso il senso del sacro e della speranza, la Pasqua di Resurrezione può apparire distante, quasi anacronistica. Cosa significa parlare di Resurrezione quando le guerre si moltiplicano, le ingiustizie si fanno più dure, la fiducia nel futuro vacilla? Quando il cinismo è diventato la nuova religione e credere in qualcosa sembra quasi un atto ingenuo?

 

Eppure, proprio per questo, la Pasqua non è mai stata così necessaria. Non parlo della Pasqua come semplice celebrazione religiosa, ma come idea, come metafora potente di ciò che può ancora risorgere anche quando tutto sembra finito.

 

Comunicare speranza in un mondo disilluso, da comunicatore, consapevole di quanto le parole abbiano un peso. Oggi si parla tanto di crisi, di emergenze, di fratture insanabili. Il discorso pubblico è sempre più dominato dalla paura, dalla rabbia, dal senso di impotenza. È come se ci fossimo abituati all’idea che il mondo non possa migliorare, che l’unica certezza sia il declino. Ma se c’è una cosa che ho imparato da mia madre e dagli anni trascorsi nel mondo salesiano è che la speranza non è mai una concessione, è una scelta.

 

Don Bosco lo sapeva bene. Non era un ingenuo, non viveva fuori dalla realtà. Era immerso nei problemi del suo tempo, nella povertà, nell’emarginazione. Eppure, ha costruito un modello educativo basato su una fiducia incrollabile nel futuro, nelle possibilità dei giovani, nella capacità dell’uomo di cambiare. Ecco perché la Pasqua, anche oggi, ha ancora senso: perché ci invita a non arrenderci, a credere che una trasformazione sia possibile, anche quando tutto sembra perduto.

 

La Resurrezione non è solo un miracolo in cui credere o meno, è un concetto che ci riguarda tutti. Quante volte siamo caduti? Quante volte abbiamo pensato di non farcela? Eppure, siamo ancora qui. E non perché qualcuno ci ha concesso una grazia dall’alto, ma perché abbiamo trovato dentro di noi, o negli altri, la forza di rialzarci.

 

E allora, forse, la Pasqua di oggi non è solo quella di un Cristo che risorge in un sepolcro lontano, ma quella di ogni persona che trova la forza di ricominciare, di credere in un domani, di resistere alla tentazione della disperazione. È la Pasqua di chi, in un mondo in guerra, continua a costruire pace. Di chi, in una società che sembra aver perso il senso del bene comune, si ostina a lavorare per gli altri. Di chi, nonostante tutto, crede ancora nell’amore, nella giustizia, nella bellezza.

 

Come comunicatori, abbiamo una responsabilità enorme. Scegliamo ogni giorno che tipo di messaggi diffondere, che tipo di mondo raccontare. Possiamo contribuire a rafforzare la paura, il senso di sconfitta, l’idea che non ci sia nulla da fare... Oppure possiamo scegliere di dare voce a ciò che può ancora rinascere, a chi costruisce invece di distruggere, a chi sogna invece di rassegnarsi.

 

Forse la vera Resurrezione di cui abbiamo bisogno oggi non è solo un dogma di fede, ma una nuova narrazione collettiva, capace di guardare oltre il buio e immaginare un futuro diverso. E se questo non è un atto di fede, allora cos’altro può esserlo?

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