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Edelman Trust Barometer 2023: alle imprese e ai CEO il compito di guidare il cambiamento

21/02/2023

Redazione

Come nel resto del mondo il “Business”, guidato dalle imprese familiari, è l’istituzione in cui gli italiani ripongono più fiducia. Il mondo accademico e il “proprio datore di lavoro” restano punti di riferimento per più di 7 italiani su 10 mentre tra i settori produttivi più affidabili troviamo “Tecnologia” e “Food and Beverage”. A dirlo la 23esima edizione dell'Edelman Trust Barometer, il sondaggio sulla fiducia e la credibilità condotto ogni anno da Edelman.

Il 2022 è stato un anno altalenante per l’Italia. La graduale ripresa dagli effetti della pandemia ha dovuto fare i conti con una guerra alle porte dell’Europa a cui, a metà anno, si è aggiunta la crisi politica che ha portato alle nuove elezioni.

Il risultato? Sebbene l’indice generale di fiducia abbia fatto registrare un leggero calo rispetto allo scorso anno (-3 punti) toccando quota 50, l’Italia resta tra i “best performer” in Europa preceduta di poco solo da Olanda (54 punti) e Francia (51 punti). E se il mondo delle imprese con 57 punti resta il baluardo della fiducia degli italiani – con le imprese familiari che svettano a quota 64 punti - tra i settori economici brillano quello della Tecnologia (72 punti) e quello alimentare (66 punti). Il mondo accademico (74 punti) e “il proprio datore di lavoro” (72 punti), infine, restano i punti di riferimento tra i nostri concittadini.  

Sono questi alcuni dei dati emersi dall’Edelman Trust Barometer 2023, la più importante ricerca condotta a livello globale dalla società di consulenza Edelman su un campione di oltre 32.000 persone in 28 Paesi e che, da oltre 20 anni, studia l’andamento del rapporto di fiducia tra i cittadini e quattro tra le principali istituzioni che operano nella società: Governo, Business, Media e Organizzazioni Non Governative (ONG).

I dati della ventitreesima edizione relativi al nostro Paese sono stati presentati da Fiorella Passoni (CEO di Edelman Italia) che li ha commentati insieme a Federico Petroni (Analista di Limes e coordinatore didattico della Scuola di Limes), moderati da Davide Sicolo (SVP Corporate & Crisis, Edelman Italia).

Numeri in crescita rispetto a 10 anni fa: le imprese guidano la classifica tra le istituzioni

Dall’analisi dei dati del nostro Paese, dove emerge un gap tra la fiducia dei redditi più alti, a quota 59, e quelli più bassi a 46, l’indice generale registra un lieve calo di tre punti (da 53 a 50) che, se inquadrato in una prospettiva più ampia, rappresenta una crescita di ben 10 punti rispetto a 10 anni fa quando il dato era di appena 40 punti.

Il “Business” si attesta a quota 57 restando l’istituzione che gode della maggior fiducia e facendo segnare una crescita di ben 12 punti rispetto al 2013. E mentre le “Organizzazioni Non Governative” raggiungono un indice di 49 (vs. 54), “Media” e “Governo” toccano rispettivamente quota 47 (vs.50) e 46 (vs. 49) con quest’ultimo che registra la crescita più alta (+25 punti) rispetto al decennio scorso quando il livello di fiducia era solamente di 21 punti.

Le nuove preoccupazioni degli italiani

Rispetto allo scorso anno si registra una discesa dell’ottimismo per le prospettive economiche da qui a 5 anni: passa infatti dal 27% al 18% la percentuale di chi pensa che tra 5 anni la situazione per sé e per la propria famiglia sarà migliore. Un dato in linea con il trend globale e che tocca tutti i Paesi sviluppati come Stati Uniti (36%), Regno Unito (23%), e che ci vede davanti a Germania (15%), Francia (12%) e Giappone (9%) che chiudono la classifica.

E se tra le principali preoccupazioni personali degli italiani troviamo nel 95% dei casi il posto di lavoro seguito dall’inflazione (78%), tra quelle “esistenziali” resta alta l’attenzione per il cambiamento climatico (82%) a cui se ne sono aggiunte due nuove: la guerra nucleare (79%) la carenza di energia (77%).

I media e la fiducia “di prossimità”

A giocare un ruolo importante nel creare un clima di fiducia nell’opinione pubblica sono i media che, rispetto alla rilevazione effettuata nel 2013, fanno registrare un salto in avanti di 2 punti (da 45 a 47).  In questo ambito cresce rispetto allo scorso anno l’indice dei “motori di ricerca” che restano la fonte di notizie più credibile per gli italiani con 63 punti (vs. 62 del 2022). I “media tradizionali” a 53 punti (vs. 52 del 2022), invece, restano in area neutrale mentre chiudono la classifica i “media di proprietà” (37 punti) e i “social media” (31 punti) che, rispetto al 2013, fanno un trend discendente di -14 punti di fiducia.

Sebbene quella degli scienziati - con 77 punti - resta la categoria che guida la classifica della fiducia tra i leader, nel nostro Paese si registra una situazione in cui le persone “più vicine” sono anche quelle più fidate: a partire dai colleghi di lavoro (67 punti), i vicini (55 punti), il proprio CEO (55 punti), le persone della propria comunità locale (52 punti) e i propri connazionali (52 punti), con questi ultimi in crescita di ben 6 punti. Nella parte bassa della classifica, invece, troviamo i leader politici (35 punti) e giornalisti e i CEO appaiati a 33 punti.

Il rischio di una maggiore polarizzazione

Dai dati del Trust Barometer 2023 emerge un trend importante, relativo al concetto di polarizzazione inteso come la somma virtuale tra la convinzione che il proprio Paese sia estremamente diviso e la propensione a considerare queste divisioni superabili. Sei sono i Paesi a trovarsi in questa situazione: Argentina, Colombia, Stati Uniti, Sudafrica e, in Europa, Spagna e Svezia. In questo contesto l’Italia – che fa registrare i numeri più alti a livello globale in termini di “trinceramento”, ovvero della convinzione che sarà molto difficile trovare una soluzione alle divisioni – si trova un gradino più in basso, in una zona definita “a rischio polarizzazione” insieme ad altri Paesi come Brasile, Sud Corea, Messico, Giappone e, in Europa, come Francia, Regno Unito, Germania e Paesi Bassi.

Secondo il 55% degli italiani, inoltre, oggi siamo “più divisi che nel passato” ma, in questo contesto, emergono diverse categorie in grado da poter fungere da forze “unificatrici”, primi tra tutti gli insegnanti e i leader d’azienda.

La chiave è nel ruolo delle aziende

In un quadro generale in cui le quattro istituzioni – Governo, Business, Media e ONG – non primeggiano per competenza ed etica, si registra però una tendenza importante: il livello di etica delle aziende continua a salire facendo registrare una crescita di ben 19 punti rispetto al 2020. Se a questo dato si aggiunge che gli italiani vedono ancora nel “proprio datore di lavoro” (72 punti) la figura più affidabile, è chiaro che dal mondo del business e dai CEO ci si aspetta un maggiore impegno soprattutto per quanto riguarda i temi sociali più sentiti come la condizione di lavoro dei dipendenti 91%, gli effetti dei cambiamenti climatici (83%) e la discriminazione (83%).

In generale tre sono le tematiche su cui gli italiani si aspettano che i CEO lavorino per rilanciare l’ottimismo sul mercato: stipendi più equi (77%), investimenti sulla formazione dei dipendenti (73%), garanzia di benessere e sicurezza per la comunità di appartenenza (70%). Per sei italiani su dieci (61%), inoltre, le aziende – che per aumentare la propria efficacia nel riattivare l’ottimismo dovrebbero collaborare anche con il governo - devono utilizzare il potere iconico dei brand per creare una identità condivisa sottolineando gli aspetti che uniscono e che rinforzino il tessuto sociale.

“Analizzando i dati del Trust Barometer emerge che alle aziende italiane, così come accade nel resto del mondo, spetta il compito di guidare il cambiamento e fungere da moltiplicatore dell’ottimismo - ha dichiarato Fiorella Passoni, CEO di Edelman Italia. “Per questo il nostro invito è rivolto ai CEO e alle imprese affinché assumano un ruolo sempre più centrale affrontando a viso aperto – e, dove possibile, in partnership con i governi e le altre istituzioni – quelli che sono i temi sociali più sentiti dai cittadini: stipendi sempre più equi e, come emerso anche in molte discussioni durante l’ultimo World Economic Forum di Davos, spingendo sul retraining e sulla formazione continua dei dipendenti. Tutti elementi necessari per contribuire a rinforzare le fondamenta della fiducia che, a sua volta, agisce da stimolo per la crescita economica”.

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