Daniela Bianchi - Segretaria Generale FERPI
Dal caos alla luce: L'atto creativo divino (e molto umano)
La comunicazione istituzionale è destinata a rimanere prudente e prevedibile? O può diventare un terreno fertile per l'innovazione?
Due domande impertinenti. Lo scorso 11 marzo, Lorenzo Terragna e Andrea Nardella le hanno lanciate sul tavolo di confronto con le studentesse e gli studenti, organizzato dallo stesso IED Roma, così, semplicemente, quasi a lasciar intendere una sfida che le istituzioni non sono ancora attrezzate per cogliere...
Non fosse che... che nella mia testa, mentre gli interventi si susseguivano, continuava a frullare l'immagine del gesto di Dio, immortalato nella sua magnificenza lassù nell'alto della Cappella Sistina. Un caos, il buio, e poi l'atto creativo che irrompe come un fascio di luce e rende chiaro, plastico, visibile, vivo, un corpo dormiente e ignaro: Adamo. Da lì in poi è storia e la conosciamo tutti.
Ecco. A spiegarla così la comunicazione pubblica dovrebbe essere esattamente questo: un dito che tocca, che crea connessione, che dal caos genera ordine. È quel Dio (e qui vi prego umilmente di coglierne il senso, nessun altro intento…) che dice "Fiat lux" e improvvisamente tutto diventa chiaro. Non è forse questo ciò che dovrebbe fare ogni atto comunicativo istituzionale? Creare luce dove c'è confusione?
Dovrebbe essere. Non lo è ancora. Non lo è ancora del tutto. Grandi passi si stanno compiendo. E dalla nostra prospettiva di Associazione, di chi esercita mestieri e osserva le trasformazioni, suggerisce prospettive e invita alla formazione costante, i cambiamenti in atto sono evidenti, e sicuramente vanno irrobustite le categorie di riferimento che non possono essere più censite con lo spartiacque, ma devono essere abbracciate in un unico processo olistico.
Un’indicazione è emersa con evidenza, la comunicazione pubblica non può più permettersi di essere polverosa. Il tempo delle istituzioni che comunicano con linguaggio burocratico e toni formali è finito. Perché? Semplice: i tempi tra decisione pubblica e impatto sul cittadino si sono drasticamente accorciati.
E se prima la comunicazione poteva permettersi di essere “statica”, “polverosa” oggi non è più così. I canali tradizionali, quei comunicati stampa che attendevano pazientemente di essere pubblicati, hanno ceduto il posto all'immediatezza dei social media e delle app di messaggistica. Non c'è più un tempo di mediazione. Il messaggio arriva dritto, immediato, brutale nella sua sincerità.
Attenzione però: creatività nella comunicazione pubblica non significa fare i brillanti per forza. Non è un esercizio di stile fine a se stesso. Sono convinta che l’atto creativo nella comunicazione istituzionale ha un valore enorme, perché diventa anello di congiunzione immediato e virale tra istituzione, organizzazione, ente pubblico, in una parola il decisore pubblico, con il proprio pubblico di riferimento, che in questo caso è sempre e comunque il cittadino, la collettività.
La posta in gioco è alta: trasmettere decisioni che impattano la vita quotidiana dei cittadini, farlo con informazioni chiare, che riescano ad emergere dal magma indistinto dell’infosfera e rendano chiari, diritti, obblighi, opportunità… (magari con Adamo non ha funzionato alla perfezione ma tant’è…).
La creatività diventa quindi la punta di diamante di un processo strutturato che parte da lontano. Non è improvvisazione. È strategia pura. È capire che quando comunichi una crisi sanitaria, come quella del Covid, non hai tempo per fronzoli: devi arrivare al cittadino subito, con chiarezza cristallina. È capire come arrivare a tutti, perché i diritti sociali e l’equità sociale sono un caposaldo della nostra democrazia.
Per questo provocatoriamente sostengo che il brief che funziona ignora le formalità. Quando si approccia ad un brief per la comunicazione pubblica, chi si focalizza sul "tone of voice” ha già perso in partenza.
La domanda giusta è un'altra: quale impatto deve avere questo messaggio? Quale commitment. Scrivere un buon brief diventa quindi necessario e questo a volte, come è emerso, è il punto di debolezza. Ma non è una scommessa persa.
Il fatto che la Comunicazione sia riconosciuta come una funzione strategica e non più servente, è finalmente un dato acclarato. Anche perché è sempre più evidente che sia l'unico modo per costruire un rapporto di fiducia con i cittadini, attraverso chiarezza, trasparenza, coerenza, responsabilità, una comunicazione cioè che sappia trasmettere con efficacia il senso dell’impatto reale delle decisioni pubbliche.
Ed è questo equilibrio tra bellezza formale e sostanza etica che costruisce il ponte di fiducia tra amministrazione e cittadino. (Tralasciando, volutamente, il distinguo tra consolidamento della fiducia verso il decisore pubblico per rafforzare il rapporto Cittadini e Istituzioni, e l’acquisizione del consenso vper rafforzar eil rapporto elettorale tra Cittadino e Rappresentante Politico…)
Esempio concreto, la rivoluzione silenziosa dei canali whatsapp nelle amministrazioni locali. Se prima il cittadino si infuriava per l'autobus che non passava o per la strada bloccata, oggi riceve un messaggio diretto che lo avvisa in tempo reale, si infuria lo stesso ma almeno si sente riconosciuto nella sua soggettività di utente.
Questo è il punto: l'immediatezza non è un vezzo, è un obbligo. E chi non lo capisce è semplicemente fuori dai giochi. Viviamo in una società in continua evoluzione dove l'innovazione è la chiave praticamente del processo quotidiano. E le istituzioni non sono entità immobili, cristallizzate nel tempo. Sono organismi vivi che riflettono (o dovrebbero riflettere) l'evoluzione della società. Se la società si muove veloce, comunicare lento è semplicemente un suicidio istituzionale. La Comunicazione, il processo di Comunicazione, non può rimanere un passo indietro. Sarebbe innaturale.
Ecco allora che strutturare la comunicazione pubblica all’interno della macchina e riconoscerne il potere è il primo passo. Rigenerarne il modello e ricorrere alla formazione di competenze specifiche è il secondo, e il più necessario. Perché poi alla fine, la vera forza di ogni comunicazione risiede nella competenza di chi la realizza. Ancora di più in questo caso. E questo sia per le pubbliche amministrazioni che indicono i bandi, sia per le agenzie creative che si candidano a realizzarle, è necessaria una squadra di professionisti preparati, capaci di instaurare correttamente il migliore dei processi per comprendere e interpretare il bisogno di ogni singolo cittadino. Formazione, esperienza e dedizione diventano ingredienti essenziali per creare messaggi incisivi e significativi
Per tentare una risposta alle domande iniziali, questa non può che essere affermativa, perché sì, la comunicazione istituzionale può essere un campo di innovazione, è una questione di mentalità, di approccio, di capacità di vedere la comunicazione come elemento strategico e non come orpello. E può farlo se raccoglie la sfida di coinvolgere professionisti che comprendano che la comunicazione pubblica è un ponte essenziale tra decisori e cittadini. Un ponte che deve essere solido nei contenuti, ma agile e veloce nella forma, e la creatività diventa il linguaggio necessario per generare quel rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadino, di cui si è detto sopra.
Senza questa fiducia, senza questa connessione diretta e immediata, l'istituzione diventa invisibile. E un'istituzione invisibile, nel mondo iperconnesso di oggi, semplicemente non esiste.
Non si tratta di essere creativi per vezzo. Si tratta di essere efficaci per necessità. E l'efficacia oggi passa inevitabilmente attraverso la capacità di sorprendere, coinvolgere e arrivare dritti al punto.
La comunicazione istituzionale o è creativa o non è. Tutto il resto è silenzio.