Alex Moscetta
I mezzi di comunicazione, oggi più che mai, giocano un ruolo fondamentale nel modellare la percezione della vita umana. E da qui anche un nuovo modo di comunicare la pace. Uomini e donne di religioni e culture diverse si sono incontrati per tre giorni a Parigi per immaginare la pace durante l'incontro internazionale sul tema promosso da Sant’Egidio.
“Rischiamo di trasmettere alle giovani generazioni un mondo bellicoso. Rischiamo di trasmettere loro la riabilitazione della guerra.” Così si legge nell’appello di pace finale letto davanti Notre Dame a Parigi alla cerimonia conclusiva dell’Incontro Internazionale per la Pace promosso da Sant’Egidio dal 22 al 24 settembre 2024 dal titolo “Imaginer la Paix”.
Uomini e donne di religioni e culture diverse si sono incontrati per tre giorni per immaginare la pace. E da qui anche un nuovo modo di comunicare la pace. I mezzi di comunicazione, oggi più che mai, giocano un ruolo fondamentale nel modellare la percezione della vita umana. Siamo immersi in un flusso costante di notizie, immagini e video che scorrono rapidamente sui nostri schermi. Le tragedie umane diventano uno spettacolo da consumare velocemente, senza il tempo di riflettere, di sentire empatia, di reagire. Le piattaforme social, con la loro logica di gratificazione immediata, incentivano la superficialità e promuovono contenuti sensazionalistici che disumanizzano le persone coinvolte in eventi tragici. Si è parlato a proposito di un fenomeno, che potremmo definire “desensibilizzazione emotiva”, è uno degli effetti più preoccupanti dell’uso sconsiderato dei media digitali. Ogni immagine violenta, ogni tragedia condivisa sui social, rischia di perdere il suo impatto, diventando solo un’altra notizia tra tante. Uno degli aspetti più discussi è stato il ruolo degli algoritmi dei social media. Questi sistemi, progettati per massimizzare il coinvolgimento degli utenti, spesso promuovono contenuti che rafforzano le convinzioni preesistenti o che suscitano emozioni forti, come la rabbia o l’indignazione. In questo modo, si alimenta una cultura della polarizzazione e dell’odio, che contribuisce ulteriormente alla svalutazione della vita umana. Quando vediamo commenti razzisti o violenti proliferare sui social, dobbiamo chiederci: qual è il prezzo di tutto questo? Quale impatto ha sulla nostra capacità di vedere l’altro come una persona, e non come un nemico o un avversario.
Questi tre giorni hanno messo al centro il verbo “immaginare. Che non è sinonimo di utopia, ma di concretezza. Come fa ben comprendere il Cardinale Zuppi – Presidente CEI – quando dice che è necessario "ascoltare, rispondere, dialogare". Perché ha aggiunto "la pace si fa sempre in tre: coinvolgendo le due parti in lotta che si incontrano grazie a uno o più mediatori".
In questi giorni è apparso evidente che esiste un movimento per la pace che spesso nasce dall’incontro con le situazioni complicate del mondo: vulnerabilità della vita delle persone, migranti, chi scappa dalla guerra, le violenze negli oltre 50 conflitti nel mondo. Un movimento che chiede anche al mondo della comunicazione di trasmettere la speranza. La speranza della pace, la speranza della fine delle bombe. Oggi si è troppo rassegnati alle logiche della guerra. Oggi si trasmette solo un continuo bollettino di guerra fatto di vittime che non contano niente. Ma le vite delle persone sono preziose. La pace è il dono più prezioso. E allora dall’immaginazione si può creare una nuova pace, si può creare un nuovo modo di parlare. Creare, lanciare, come una sfida per la nostra professione di comunicatori e uomini di relazioni. In fondo l’immaginazione aiuto il sogno a diventare concreto, a plasmare.
Da Parigi il messaggio è molto forte. È il messaggio che è possibile una narrazione diversa rispetto a quella attuale. È la narrazione di chi crede nel dialogo e nell’incontro e vuole tenere lontano la logica divisiva e dello scontro. Spesso si vuole trasmettere solo questo. Ma forse appare evidente che nei popoli il pensiero è ben altro. È il desiderio di vivere in pace. È il desiderio di ricevere notizie positive, notizie non di morte né di distruzione.