Il turismo del vino in Italia: opportunità da cogliere
17/11/2016
L’enoturismo è uno dei segmenti più interessanti da sviluppare per una destinazione come l’Italia che tra i suoi principali elementi distintivi di attrazione turistica annovera beni culturali, paesaggio e produzioni enogastronomiche. Gli stessi fattori che richiamano i turisti del vino in cantina.
Tutti parlano di vino e tutti vogliono fare vino: presentatori televisivi, cantanti, attori e politici, ma anche semplici consumatori, ai quali si rivolgono innumerevoli testate, siti web, blogger, guide, manuali e corsi sorti come funghi. Pare che tutti siano irresistibilmente affascinati dal mondo di Bacco. Il paradosso è che sempre meno italiani bevono vino. Infatti, se da una parte, l’Italia è il
maggiore produttore mondiale con una stima di 48,8 milioni di ettolitri per il 2016 (*) e il
secondo esportatore al mondo (**) per quantità (20 milioni di hl) dopo la Spagna (24 milioni di hl), e per valore (5,4 miliardi di euro) dopo la Francia (8,2 miliardi di euro), dall’altra, i consumi interni sono scesi al minimo storico dall'Unità di Italia. I
principali Paesi consumatori di vino sono ora Germania, Francia e Stati Uniti. Insomma, il vino di cui si parla in Italia è più di quello che si beve.
In questo contesto, l’enoturismo, ovvero andare a visitare le cantine e i vigneti, sembra indicare un apprezzamento maggiore per la
qualità del vino, che si esprime attraverso un interesse più profondo per i produttori, i metodi e le zone di produzione. C’è un bisogno crescente di conoscere e di
sentirsi raccontare la storia del vino, del territorio e delle persone dietro a un’etichetta. Un consumo più basato sulla conoscenza e la condivisione di valori, legato a elementi emozionali e distintivi. È un mondo dove il vino e gli altri prodotti tipici si mescolano inscindibilmente alla cultura e alle tradizioni del territorio, inteso nella sua accezione più ampia, e quindi ai luoghi, ai siti di interesse storico e artistico, alle persone e alle aziende che ne sono frutto ed espressione. L’
enoturismo è tutto questo insieme. Gli elementi in comune con il
turismo sono forti: cultura, paesaggio, produzioni tipiche, esperienze autentiche e accoglienza.
"Il vino è il nostro miglior ambasciatore, perché è un prodotto capace di evocare storie e suscitare emozioni" secondo l'assessore all'Agricoltura della Regione FVG Cristiano Shaurli, intervenuto all'incontro sul "
Turismo del vino" organizzato dalla delegazione Ferpi Triveneto, che si è svolto venerdì 8 novembre a Manzano nell'azienda agricola Giorgio Colutta, al quale hanno partecipato una cinquantina di persone, tra professionisti della comunicazione, operatori turistici, produttori e studenti UniFerpi delle Università di Padova e Gorizia. “Con una produzione in crescita del 15% rispetto allo scorso anno e un aumento di oltre il 50% delle esportazioni - ha affermato Shaurli - il settore vitivinicolo regionale non è più 'il figlio di un dio minore', bensì un protagonista dello sviluppo socioeconomico del territorio”. Ora dobbiamo raccontare questo cambiamento, anche nella consapevolezza che ben il 35% dei turisti arriva in Friuli per la qualità dell'offerta agroalimentare e vitivinicola. Per questo la Regione FVG ha deciso di istituire una regia unica per il progetto 'Strade del vino e dei sapori', la cui strategia di promozione sarà definita insieme a PromoTurismoFVG".
Elda Felluga, presidente del Movimento Turismo del Vino FVG, ha sottolineato come il settore enoturistico in Italia abbia avuto notevole impulso grazie a donne come
Donatella Cinelli Colombini, che con Magda Antonioli ha fondato il
Movimento del turismo del vino e ha inventato "
Cantine aperte", evento che in pochi anni ha portato al successo l'enoturismo in Italia. Del resto, suo padre
Livio Felluga, è stato il patriarca dell’enologia in Friuli Venezia Giulia e uno dei primi produttori ad aver compreso la valenza del luogo di produzione come strumento di caratterizzazione e differenziazione, tanto da mettere una carta geografica dei suoi vigneti sull’etichetta dei suoi vini, diventati veri ambasciatori del territorio in oltre 80 Paesi del mondo.
Secondo
Bruno Bertero, direttore marketing dell’agenzia regionale del turismo
PromoTurismoFVG, per comunicare il territorio attraverso il vino è necessario creare un
prodotto enoturistico che risponda alle esigenze e allo standard dei servizi richiesti dai clienti, perché senza prodotto da commercializzare la promozione è del tutto inefficace. I dati sembrano dargli ragione, se pensiamo che la cultura dell'enoturismo ha ancora un carattere frammentato e poco istituzionalizzato. In Italia ci sono, infatti, oltre 150 strade del vino la maggior parte delle quali non operative, che interessano 1.450 comuni italiani, oltre 400 denominazioni e almeno 3.300 aziende. Nonostante la mancanza di una strategia congiunta il settore può contare su una stima di 12 milioni di turisti del vino per una spesa di 2,5 miliardi di euro, circa 193 euro per enoturista (***). E pensare che al turismo del vino italiano manca ancora un brand e una strategia di comunicazione nazionale. La Francia invece, nostro principale competitor che già vende il suo vino a un valore medio più alto di 2,2 volte quello italiano (5,9 euro/litro contro 2,7 euro/litro), (**) si promuove con il portale
www.visitfrenchwine.com in sinergia con l’agenzia nazionale del turismo Atout France.
La strada da percorrere, allora, potrebbe essere proprio quella che si sta tracciando in
Friuli Venezia Giulia, dove istituzioni e operatori si stanno muovendo verso un unico
sistema integrato di offerta turistica che copra tutto il territorio regionale per valorizzare il vino e i prodotti agroalimentari attraverso il turismo enogastronomico. Sono pronti i produttori, come
Giorgio Colutta, che chiede un incoming organizzato per meglio accogliere i suoi ospiti, molti dei quali legati ai venti Paesi nei quali esporta il 60% della sua produzione. Come loro tanti altri produttori del Friuli Venezia Giulia, ognuno con la sua storia e la sua identità, capaci di raccontare la loro esperienza, con passione e attaccamento al territorio. “Anche la denominazione Friuli DOC - ha concluso Shaurli – è per noi una grande opportunità per
fare rete tra produttori, ragionare insieme e promuoverci sul mercato globale presentandoci uniti e finalmente evidenziando sulle etichette dei nostri vini l'origine friulana di una produzione di qualità".
(*) Fonte: Organizzazione Mondiale della Vite e del vino (OIV)
(**) Fonte: Confagricoltura
(***) Fonte: XII Rapporto sull'Enoturismo, indagine effettuata dall'Osservatorio Nazionale sul Turismo del Vino di “Città del Vino”, in collaborazione con l'Università di Salerno su un campione di 80 aziende.
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